Quando ho comunicato la mia decisione di prendere un cane, molti mi hanno detto, no ma dai che fai, non hai nemmeno il giardino, i cani devono stare fuori.
Ecco questo non lo capisco e non lo voglio capire.
Il mio cane vuole sempre stare nella stanza dove sono io. Non importa dove e come, l'importante è che io sia a vista. Quindi dorme nella mia camera da letto, sul suo giaciglio e mi piace vivere tutte le mie cose con lei accoccolata ai miei piedi. E' una cosa bellissima e davvero non bisogna avere case grandi e con il giardino, ma solo un grande cuore. I cani sono angeli in terra che ci insegnano l'amore e l'empatia e non sappiamo vederli purtroppo siamo condannati per sempre.
I cani tirano fuori la parte migliore di noi. Basta sentirli.
Sono circondata da persone che non hanno le palle di dire di no e quindi tengono le situazioni sospese con un ....adesso vediamo, che sia chiaro, è un no. Un no vigliacco che però ti fa stare sospesa, in attesa di un forse che diventa si e non lo diventa praticamente mai.
E' la speranza che ti uccide lentamente, perchè in fondo ci speri ... ma dall'altra parte non c'è mai il dovuto rispetto di non lasciarti così.
E sinceramente mi sono rotta il cazzo. Ormai "adesso vediamo" per me sarà no. Così' non ci stò più male... eppoi i vigliacchi non li sopporto.
Un articolo letto da poco su Elle che parla di emozioni, narcisismo e relazioni mi da' lo spunto per una riflessione.
Una riflessione che riguarda l'empatia, una cosa che fa parte di me da sempre e non solo mi rende diversa ma mi espone al dolore degli altri con un tasso di sensibilità che non è proprio adatto a questa società di oggi.
Ogni sguardo è un libro aperto e non parliamo poi degli animali. Altro che San Francesco.
Sento troppo e vedo troppo.
Sono altresì circondata da narcisisti di ogni livello e forma, parassiti di emozioni e attenzioni, con buona dose di egoismo e indifferenza.
Ecco, l'indifferenza appunto che io non riesco proprio a tollerare e capire. Sicuramente un difetto grande da parte mia e soprattutto una non rassegnazione verso tutto questo.
E quindi ecco che sul sociale non riesco proprio a stare ferma o indifferente.
Ho ripulito una intera pineta in quattro mesi, 20 sacchi di mondezza varia e ora è solo prato. Stessa cosa quando passeggio in un parco. Ho sempre una busta dietro per raccogliere e buttare. Eppoi segnalazioni varie allo 060606- comune di Roma. Buche, potatuta del verde, ama e insomma quello che vedo segnalo.
Il problema è che intorno a me tutto mi ferisce. Anche in famiglia e sul lavoro è davvero un problema gestirmi. Non sono molto contenta di essere così, e a volte sono costretta ad isolarmi e difendermi, soprattutto da chi cerca di approfittarsi di questa cosa.
Una settimana fa c'era una Lamborghini posteggiata sotto il mio ufficio. Passando con le colleghe, tutte a rimirar direi, tranne io, che avevo scorto un gattino nero che si riparava sotto la ruota. Si, effettivamente non sono normale.
Comunque tornando all'articolo, facendo i soliti studi delle Università americane che sembrano non avere mai un cazzo da fare, la nostra società, malgrado garantisca condizioni di vita migliori rispetto a quelle di trent'anni fa, offre però meno sosegno sociale, uno scarso senso di appartenenza alla comunità mentre le famiglie sono sempre più isolate anche nel problema separazioni. E quindi?
Quindi ormai drogati di social media siamo quasi anestetizzati, incapaci di capire e di capirsi.
La cura? Insegnare le emozioni fin dalle scuole materne, salutando con un ciao e un abbraccio.
Leggere tanti libri, che ci insegnano ad entrare dentro altre storie e quindi in empatia con i protagonisti. Effettivamente io leggo molto da quanto avevo 8 anni, credo proprio che sia stata questa la mia fregatura. Una lettrice in fasce ...
Senza ombra di dubbio credo che sia il libro più bello che abbia letto ultimamente e non solo dal punto di vista storico, ma anche politico e sociologico.
Quanti di noi si sono chiesti da cosa e come provenisse la diceria che i comunisti mangiano i bambini??
Io si, e questo libro non solo risponde ma innesca un fatto storico talmente importante da dover essere obbligatorio leggerlo come dato di guerra e dopoguerra.
Sembra che il fatto fosse storicamente vero, e nasceva molto probabilmente dal fatto che in Russia, nel secolo scorso, vi
furono gravi carestie durante le quali si registrarono anche episodi di
cannibalismo.
Tra il 1921 e il 1923 in Ucraina alcuni bambini vennero
rapiti e uccisi spacciandone poi la carne per animale.
E nel 1941, durante l’assedio di Leningrado (che uccise circa un
milione di persone), il cannibalismo divenne per alcuni una strategia di
sopravvivenza. Ancora più celebre è la storia dell’“Isola dei
cannibali” narrata anche dall’omonimo libro di Nicolas Werth: nel 1933,
13.000 “elementi pericolosi” vennero deportati nel cuore della Siberia;
quasi tutti morirono, anche uccidendosi tra loro, e gli episodi di
cannibalismo erano all’ordine del giorno.
Facciamo una piccola pausa e colleghiamoci alla Pincola Ester, con le donne che corrono con i lupi. Ricordate gli orchi e il fatto che mangiassero i bambini?!! Ebbene tutto questo è stato sostituito nell'immagginario collettico con i comunisti che per il fascimo e il clero diventano gli orchi che mangiano i bambini. Tutto questo costruito con fatti di cronaca completamente inventati per innestare rancore e odio verso i russi e quindi i comunisti. Dai bambini siciliani rapiti a forza sulle navi e portati in Russia per essere uccisi a tutto un meccanismo giornalistico assoggettato ad una dittatura in cui la comunicazione non era solo pilotata ma inventata per il proprio tornaconto.
Solo questo dovrebbe spaventare davvero e questo libro apre il vaso di pandora.
Quello che si sospettava e che dovrebbe essere letto da tutti per capire veramente la nostra storia e tutto quello che è successo nel dopoguerra dalla democrazia cristiana e la Chiesa per incolpare i comunisti rossi di tutte le malefatte.
La figura della madre e della donna diviene figura centrale nella campagna stampa di diffamazione. Il soldato russo orcoe non i tedeschi. Stalin raffigurato con le fattezze di un orco con il naso grande che mangia i bambini. Dopo la grande guerra e i fatti delle stragi che i tedeschi operarono nella ritirata, dovettero frenare nella campagna contro i russi, amici degli alleati e liberatori della Patria.
Questo libro si collega con il documentario "Pasta nera" che ho postato tempo fa, in cui si racconta il fatto dei bambini che nel dopoguerra andarono dal sud al nord per non morire di fame.
Tra il 1947 e 1952, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, l'Italia è
devastata e tra le più dolorose condizioni c'è quella dei minori, specie
nel Mezzogiorno. Migliaia di famiglie di lavoratori del centro nord,
ispirate da una nuova consapevolezza e dalla speranza nella
ricostruzione del Paese, aprono le loro case ai bambini provenienti
dalle zone più colpite e di più antica miseria del Meridione.
L'iniziativa diventa ben presto un movimento nazionale che propone una
concezione della solidarietà e dell'assistenza attenta alle soluzioni
concrete ai problemi più urgenti, sostituendosi spesso all'assenza delle
istituzioni. Ma una iniziativa di donne della sinistra e quindi l'orco da osteggiare.
Accolti dalle famiglie di emilia romangna, veneto e rimmessi a nuovo, sono stati salvati da morte certa. Purtroppo i preti dei paesi dicevano alle mamme di non mandare i figli al nord perchè li avrebbero mangiati. Mentivano sapendo di togliere un'occasione di riscatto e davvero di vita, pur di dare contro alla sinistra e ai comunisti.
Bambini terrorizzati che partivano e sui treni della felicità, così vennero chiamati, piangevano pensando di essere mangiati, una volta a destinazione... orribile.
Mi vengono i brividi a leggere tutto questo e davvero, davvero vi consiglio di leggere questo libro.
Millie
ha 7 anni, dei bellissimi stivaletti rossi per la pioggia e un
quaderno delle Cose Morte... Un giorno la sua mamma la porta al
Centro Commerciale e le dice di restare ferma vicino ai mutandoni per
grosse signore ad aspettarla, ma la mamma di Millie non tornerà!
Millie fa amicizia prima con
l'anziano Karl,
poi della strana Agatha e con loro inizierà un viaggio verso
Melbourne alla ricerca della sua mamma…
Quando
ho letto questa
trama e attratta dalla copertina, pensavo di aver comprato un libro
piacevole. Niente di così lontano dalla
verità. Scritto
male e malgrado un contenuto che poteva valere e trasmettere di più,
il libro non scorre. Scrivere a capitoli in cui parla una sola
persona mi infastidisce e non mi piace.
Alla
fine del libro ho letto le note dell’autrice e i premi che ha
preso, sono rimasta basita.
Questa
signora non sa scrivere e quindi o mi sono impazzita io o è sceso e
di molto il livello editoriale dei libri.
Delusa
e anche dispiaciuta di averci perso varie serate.
Ora mi chiedo... del mio ultimo acquisto in libreria, posso forse salvare un libro, anche se ne devo leggere ancora due... Quindi o io ho ormai degli stardard molto alti, oppure è cambiato qualcosa nel frattempo e forse devo cambiare il criterio di scelta dei libri.
Seconda recensione: La lettera perduta
Attratta e incuriosita dalla trama avvincente del ibro, mi trovo
invece imbrigliata in un libro stile Danielle Steele… favolette a
lieto fine e con troppe coincidenze per essere vere.
Peccato,
perché in fondo si racconta un pezzo di storia, si raccontano fatti
e nomi e situazioni che ancora si ignorano della seconda guerra
mondiale….eppure il tutto poi si perde con la sensazione amara che
non ci sia più tanto rispetto per il lettore.
SINOSSI Austria,
1938. Kristoff, giovane orfano viennese, diventa apprendista presso
Frederick Faber, mastro incisore specializzato nella realizzazione di
francobolli. Quando il suo mentore, ebreo, scompare durante le
devastazioni della terribile Notte dei Cristalli, Kristoff è
costretto a mandare avanti la bottega al servizio dei nazisti. Ma la
figlia di Faber, Elena, scampata alla cattura e collaboratrice della
Resistenza, lo convince a unirsi alla causa, falsificando documenti e
inviando messaggi in codice. Per lei, di cui è perdutamente
innamorato, Kristoff farebbe qualunque cosa, a costo della sua stessa
vita. Los Angeles, 1989. Da bambina, Katie amava accompagnare al
mercato delle pulci suo padre, che era sempre alla ricerca di
francobolli rari. Ora che l'Alzheimer gli sta togliendo passioni e
ricordi, Katie spera di fargli un regalo gradito facendo stimare
tutta la sua collezione. L'esperto di filatelia cui si rivolge,
Benjamin Grossman, vi scopre una lettera la cui affrancatura,
risalente all'inizio del secolo, sembra nascondere un messaggio
segreto. Con l'aiuto di Benjamin, Katie decide di svelarne il
mistero. Non sa ancora che la ricerca li condurrà a ritroso nel
tempo, alla scoperta di una giovane coppia che si era giurata amore
eterno, e poi nel presente esaltante di una Berlino che sta cambiando
il mondo con la caduta del Muro. Non sa ancora che spetterà a lei,
ora, rendere giustizia a quell'amore e a quella promessa. Ispirato a
testimonianze reali della Resistenza.
Ecco leggendo queste parole e questo articolo non posso non fare un
paragone con il nostro presente.
Partendo dal linciaggio di New Orleans, Brent
Staples racconta sul New York Times come i nostri concittadini
passarono da essere considerati «inferiori» e «criminali» ad
essere legalmente «bianchi», con tutti i diritti che ne derivavano
Nel 1790, durante la presidenza di
George Washington, si svolse il primo censimento degli Usa,
all’interno del quale si era divisi in tre categorie: «Free White
Females and Males», «All Other Free Persons» e «Slaves»
(schiavi), all’epoca soprattutto africani. L’idea del Congresso
era quella di dare vita a un’America bianca, protestante e
culturalmente omogenea (come ricorda l’acronimo «Wasp» usato per
«White Anglo-Saxon Protestants»), immaginando che solamente «i
bianchi liberi, emigrati negli Stati Uniti» potessero diventare
cittadini naturalizzati. L’ondata di immigrati che stava arrivando
da tutta Europa aveva generato il panico.
Bisognava porre un argine. Gli italiani meridionali — in
particolare i siciliani, di pelle più scura — erano ritenuti un
popolo “incivile” e di razza inferiore, troppo africani per far
parte dell’Europa» (L’editorialista del Corriere ricorda come
agli italiani emigrati negli States venisse, ad esempio, rinfacciato
di aver esportato la mafia, ndr). Gli venne quindi impedito
ad esempio di entrare in alcune scuole o sale cinematografiche; di
essere parte di un’organizzazione sindacale; o ancora, vennero
relegati in banchi separati delle chiese, vicino ai neri.
Arrivati come «bianchi liberi» negli Stati Uniti per cercare
riscatto, presto vennero paragonati ai «neri» (anche perché
accettavano lavori «in nero» nei campi di zucchero della Louisiana,
come manodopera a basso costo sulle banchine di New Orleans o perché
sceglievano di vivere tra gli afroamericani).
Il linciaggio di New Orleans del 14 marzo 1891 quando una folla di
cittadini assalì la prigione locale e uccise 11 immigrati italiani,
in particolare siciliani, diede vita a uno dei periodi di massima
tensione tra gli Usa e Italia e a una crisi diplomatica che portò al
richiamo in Italia dell’ambasciatore Francesco Saverio Fava da
parte dell’allora presidente del Consiglio Antonio Starabba. La
stampa italiana chiese con forza di fare giustizia sull’accaduto e
di garantire alle famiglie delle vittime un adeguato risarcimento: i
colpevoli non vennero mai puniti, ma l’allora presidente Benjamin
Harrison decise di risarcire le famiglie con un’indennità. Grazie
a quella storia, gli italiani sarebbero diventati «bianchi» di
diritto, e meritevoli di rispetto.
La carneficina a New Orleans fu messa in moto nell’autunno del
1890 quando il capo della polizia David Hennessy fu assassinato
mentre stava tornando a casa. Il suo assassinio, portò a un processo
clamoroso a seguito del quale alcuni cittadini si radunarono fuori
dalla prigione, riuscendo ad entrarvi, e linciando brutalmente 11 dei
19 uomini che erano stati incriminati. Tale episodio di violenza
sarebbe passato alla storia come «linciaggio di New Orleans». «Il
Times, giustifico’ la brutalità di quanto successo,
descrivendo le vittime come «siciliani furtivi e codardi,
discendenti di banditi e assassini, che hanno trasportato in questo
Paese le passioni senza controllo, pratiche spietate ... Sono per noi
un parassita, serpenti a sonagli... I nostri assassini sono uomini di
sentimento e nobiltà rispetto a loro».
Solo qualche mese dopo, il 13 marzo 1891, un secondo processo
stabilì l’innocenza di quasi tutti gli imputati e la sentenza
venne accolta con rabbia dalla popolazione Usa. Per mettere un punto
alla vicenda, Harrison fece appello al Congresso perché operasse per
proteggere i cittadini stranieri — non i neri americani — dalla
violenza della folla. Un tentativo di placare l’indignazione: da
quel momento, di fatto, gli italiani avrebbero goduto di pari
dignità.
Il Congresso nel 1920 limitò l’immigrazione italiana per motivi
razziali, anche se gli italiani erano legalmente bianchi, con tutti i
diritti che ne derivavano».
L’excursus di Staples prosegue ricordando come gli immigrati
italiani furono vittime anche di altre accuse, ad esempio quando
arrivarono in Louisiana dopo la Guerra Civile, per soddisfare il
bisogno di manodopera a basso costo. I nuovi arrivati sceglievano di
vivere insieme nei quartieri italiani, dove parlavano la lingua madre
(o il dialetto), preservavano le tradizioni, fraternizzavano e in
alcuni casi anche si sposavano con gli afro-americani. Una vicinanza
che avrebbe portato alcuni tra i nostri connazionali a considerare i
siciliani come «non completamente bianchi e ad ammettere nei loro
confronti la persecuzione — linciaggio incluso —, normalmente
imposta agli afro-americani».
Gli italiani, infine, conclude l’articolo sul Nyt, erano
accusati di essere «criminali e assassini per natura». Queste
caratterizzazioni raggiunsero un crescendo diffamatorio in un
editoriale del 1882 che apparve sotto il titolo «I
nostri futuri cittadini»: «Non c’è mai stata da quando New
York è stata fondata una classe così bassa e ignorante tra gli
immigrati che si sono riversati qui come gli italiani del sud che
hanno affollato le nostre banchine durante l’anno scorso». E
ancora, «i bambini immigrati italiani sono assolutamente inadatti e
sporchi da collocare nelle scuole elementari pubbliche, a fianco di
quelli americani».
Il mito razzista secondo cui afro-americani e siciliani erano
entrambi criminali innati si ritrova, poi, anche in una storia del
Times del 1887 riferita alla storia del linciaggio di quello
che all’epoca venne soprannominato «Dago Joe» («dago» è un
insulto diretto agli immigrati italiani, spagnoli e portoghesi, usato
ancora oggi, come
si legge sulla Treccani, ndr): «Una mezza razza, figlio di
un padre siciliano e di una madre mulatta, che aveva le peggiori
caratteristiche di entrambe le razze... Astuto, infido e crudele, era
considerato nella comunità in cui viveva un assassino per natura».
Ho visto questo documentario su sky e mi ritengo fortunata di apprendere qualcosa che si ignora, che non è sui libri di storia e che soprattutto cambia la visione della guerra.
Grecia 1943: quei fascisti stile SS
Domenikon come Marzabotto.
Oltre 150 uomini fucilati per rappresaglia. Ora un documentario alza il
velo sulle stragi del nostro esercito. Occultate
di Enrico Arosio
I partigiani avevano fatto
fuoco dalla collinetta, quando il convoglio aveva rallentato in curva, a
un chilometro dal villaggio di Domenikon.
Erano morti nove soldati italiani. Dunque i greci andavano puniti: non i partigiani, i civili. Domenikon andava distrutta.
Per dare a tutti "una salutare lezione", come scrisse poi il generale
Cesare Benelli, che comandava la divisione Pinerolo. "Qui al villaggio,
prima, i soldati italiani venivano per un'ora o due, flirtavano con le
donne, poi se ne andavano. A Elassona avevano fidanzate ufficiali.Erano dei dongiovanni", racconta un contadino davanti alla cinepresa. Prima, sì. Non il 16 febbraio 1943. Quel giorno gli italiani brava gente si trasformarono in bestie.
L'eccidio di Domenikon, la piccola Marzabotto di Tessaglia, è un crimine italiano dimenticato.
In stile nazista, solo un po' meno scientifico. Fu il primo massacro di
civili in Grecia durante l'occupazione, e stabilì un modello. Il primo
pomeriggio gli uomini della Pinerolo circondarono il villaggio,
rastrellarono la popolazione e fecero un primo raduno sulla piazza
centrale. Poi dal cielo arrivarono i caccia col fascio littorio. Scesero
bassi, rombando, scaricando le loro bombe incendiarie. Case, fienili,
stalle bruciarono tra le urla delle donne, i muggiti lugubri delle
vacche. Gli italiani gliel'avevano detto, raccontano i vecchi paesani: "Vi bruceremo tutti". Il maestro, che capiva la nostra lingua, avvertì: "Mamma. Ci ammazzano tutti".
Molti
non avevano mai visto un aereo. Al tramonto, raccontano i figli degli
uccisi, le famiglie di Domenikon furono portate sulla curva dei
partigiani. Dopo esser stati separati dalle donne, tra pianti e calci,
tutti i maschi sopra i 14 anni, fu ordinato, sarebbero stati trasferiti a
Larisa per interrogatori. Menzogna. All'una di notte del 17 gli italiani li fucilarono nel giro di un'ora,
e i contadini dovettero ammassarli in fosse comuni. "Anche mio padre e i
suoi tre fratelli", ricorda un vecchio rintracciato da Stathis
Psomiadis, insegnante e figlio di una vittima che si è dedicato alla
ricostruzione dell'eccidio, indicando la collina di lentischi e mirti.
La notte e l'indomani i soldati della Pinerolo assassinarono per strada e
per i campi pastori e paesani che si erano nascosti: fecero 150morti.
È tutto ricostruito nel documentario 'La guerra sporca di Mussolini',
diretto da Giovanni Donfrancesco e prodotto dalla GA&A Productions
di Roma e dalla televisione greca Ert, che andrà in onda il 14 marzo su History Channel (canale 405 di Sky). La Rai si è disinteressata al progetto.
Il film, che riapre una pagina odiosa dell'Italia fascista, si basa su
ricerche recenti della storica Lidia Santarelli. La docente al Centre
for European and Mediterranean Studies della New York University,
parlando con 'L'espresso' di Domenikon e dei massacri italiani in
Tessaglia, Epiro, Macedonia, li definisce "un buco nero nella
storiografia". Che cosa sa il grande pubblico della
campagna di Grecia di Mussolini? Ricorda il presidente Ciampi, le
commosse rievocazioni della tragedia di Cefalonia, il generale Gandin e
la divisione Acqui, le emozioni cinematografiche di 'Mediterraneo' e del
'Capitano Corelli', con gli italiani abbronzati, generosi, portati a
fraternizzare. Una proposta di legge (Galante e altri) presentata alla
Camera il 24 novembre 2006 per istituire una Giornata della memoria
delle vittime del fascismo accenna all'eccidio di Domenikon; ma è
un'eccezione.
Italiani brava gente? Per nulla."Domenikon",
dichiara la Santarelli nel film, "fu il primo di una serie di episodi
repressivi nella primavera-estate 1943. Il generale Carlo Geloso,
comandante delle forze italiane di occupazione, emanò una circolare
sulla lotta ai ribelli il cui principio cardine era la responsabilità
collettiva. Per annientare il movimento partigiano andavano annientate
le comunità locali". L'ordine si tradusse in rastrellamenti, fucilazioni, incendi, requisizione e distruzionedi riserve alimentari.
A Domenikon seguirono eccidi in Tessaglia e nella Grecia interna: 30
giorni dopo 60 civili fucilati a Tsaritsani. Poi a Domokos, Farsala,
Oxinià.
Le autorità greche segnalarono stupri di massa.
Azioni di cui praticamente non esistono immagini, memorie sepolte negli
archivi militari. Il comando tedesco in Macedonia arrivò a protestare
con gli italiani per il ripetersi delle violenze contro i civili. Nel
film il diario del soldato Guido Zuliani racconta di rastrellamenti e
torture. Il capo della polizia di Elassona, Nikolaos Bavaris, scrisse
una lettera di denuncia ai comandi italiani e alla Croce rossa
internazionale: "Vi vantate di essere il Paese più civile d'Europa, ma
crimini come questi sono commessi solo da barbari". Fu internato,
torturato, deportato in Italia. La figlia: "Un incubo".
Gli italiani imitarono i tedeschi, ma senza la loro tecnica.
Nel campo di concentramento di Larisa, a nord di Volos dove nacque
Giorgio de Chirico, furono fucilati per rappresaglia oltre mille
prigionieri greci. Molti morirono, ricorda 'La guerra sporca di
Mussolini', di fame, denutrizione, epidemie. Le brande con i materassi
di foglie di granturco erano infestate dalle pulci. L'occupazione (sino
al settembre '43 gli italiani amministrarono due terzi della Grecia, un
terzo i tedeschi) si caratterizzò per le prevaricazioni continue ai danni di innocenti.
La Tessaglia era il granaio greco. L'esercito italiano eseguiva
confische, saccheggi, sequestri. Introdotta la valuta di occupazione, il
mercato nero andò alle stelle. La razione di pane si ridusse a 30
grammi al giorno. Il film mostra abitanti di Atene morti di fame gettati
come stracci agli angoli delle strade. "Nel solo inverno 1941", ricorda
la professoressa Santarelli a 'L'espresso', "la carestia indotta dall'amministrazione italiana fece tra i 40 e i 50 mila morti.
Nell'intero periodo morirono di fame e malattie tra i 200 e i 300 mila
greci. Un altro capitolo poco studiato è la prostituzione: migliaia di
donne prese per fame e reclutate in bordelli per soddisfare soldati e
ufficiali italiani". Nel 1946 il ministero greco della Previdenza
sociale, nel censire i danni di guerra, calcolò che 400 villaggi avevano
subito distruzioni parziali o totali: 200 di questi causati da unità
italiane e tedesche, 200 dai soli italiani.
La
Grecia rimossa ci costringe a riflettere. Come dice nel film lo storico
Lutz Klinkhammer, il massimo studioso di atrocità tedesche in Italia: "La leggenda del bravo italiano non è completamente inventata.
Ciò che è inventato è che tale immagine fosse l'aspetto dominante
nell'occupazione di quei territori". I generali Geloso e Benelli altro
non fecero che applicare le linee guida del generale Roatta in
Jugoslavia, che teorizzò la strategia "testa per dente". Klinkhammer
dichiara che le fucilazioni italiane in Slovenia, nella provincia di Lubiana, ebbero le stesse dimensioni delle fucilazioni tedesche in Alta Italia
dopo l'8 settembre. Oltre 100 mila slavi transitarono per i campi di
concentramento italiani in Jugoslavia. Nell'isola di Rab, di cui il film
mostra cadaveri scheletrici, morì il 20 per cento dei prigionieri.
Klinkhammer usa per l'esercito di Mussolini, ricordando i crimini in
Etiopia e Cirenaica con l'impiego di gas contro i civili, il termine
"programma di eliminazione". E se dopo il 1945 Badoglio e Graziani
furono i primi due criminali di guerra elencati dalle autorità etiopi,
per la Grecia e i Balcani furono sollevate analoghe richieste per i
generali Roatta, Ambrosio, Robotti e Gambara.
A Londra la Commissione delle Nazioni Unite per i crimini di guerra ricevette una lista con più di 1.500 segnalazioni di criminali di guerra italiani.
Perché tutto andò insabbiato? Ecco un'altra rimozione nazionale. Nel
1946 era cambiato tutto: l'Europa spaccata in due tra Alleati e blocco
sovietico. L'Italia di De Gasperi rientrava nella strategia di
compattamento occidentale contro Stalin. Il nostro governo rifiutò la
consegna dei responsabili di atrocità alla Grecia. Mentre De Gasperi
istituiva una commissione d'inchiesta, chiedeva a Washington di
temporeggiare. Stessa richiesta da Lord Halifax per il governo
britannico, pur vicino alla Grecia, dove infuriava la guerra civile tra
monarchici e comunisti. In breve: l'Italia rinunciò a chiedere
estradizione e processo per i criminali nazisti (ricordate 'l'armadio
della vergogna'), la Grecia fece lo stesso con l'Italia. La Guerra
fredda fu la pietra tombale sulle richieste di giustizia (vedere
intervista a Filippo Focardi qui sopra).
Domenikon oggi è un
paesino circondato dalla macchia, da ginepri, cardi e rosmarini. I
tramonti lo tingono di rosa come nel 1943. I patrioti come Stathis
Psomiadis hanno cercato di sollevare il velo dell'oblio, e questo
documentario è un tributo agli innocenti. La realtà però è amara. Domenikon, riconosciuta città martire nel 1998, non è diventata memoria collettiva,
come da noi Marzabotto. Molti greci non conoscono queste vicende.
Perché già nel 1948, con la rinuncia del governo a chiedere
l'estradizione dei criminali italiani, la questione si chiuse. I
processi non furono mai istruiti. Anni dopo anche il Tribunale di Larisa
archiviò il caso. E di Domenikon resta la memoria di pochi, gente
semplice, poco mediatica, come si dice oggi. E un tramonto rosa
malinconico. Sopra il villaggio, sopra la giustizia e la storia.
Non puoi avere un cane, lavori tutto il giorno... Mi hanno sempre detto. Poi sospiri e pensi, ma si quando andrò in pensione. E invece no, cavolo. La vita è adesso e allora vediamo un po', mi posso organizzare con un dog sitter. Si è un sacrificio e ti cambia totalmente la vita ma non avrei mai pensato che sarebbe stata così bella. Un'emozione ogni giorno e una scoperta.
Candy ormai ha preso possesso dell'ambiente ufficio e ha imparato la strada stanza-mensa. Anche l'ufficio postale è andata ok.
Certo ho scoperto che non può entrare nello studio medico, in
farmacia, in libreria, nei supermercati e quindi sto' rivalutando i
negozi di quartiere, il forno, la macelleria, la frutteria eppoi adora
andare in macchina. È curiosa e guarda tutto con il sorriso. Mi fa
tanta tenerezza.
Se penso che sono solo 3 mesi ...ha fatto passi da
gigante. In fondo non aveva mai visto un ascensore o il robot che si
accende quando gli pare e gli gira per casa. La musica in macchina, la
televisione. È di una intelligenza unica. Il suo sguardo da voce alle
parole che non può dire ma piano piano ci stiamo capendo. Grazie a lei
cammino tantissimo e ho scoperto i colori e i profumi della natura.
E che dire poi dell'emozione quando per la prima volta ha sentito la
sabbia sotto le zampe e il mare. La prima volta che ha preso coraggio e
si è tuffata, nuotando.
Sono cosi tante le prime volte di... che è impossibile non emozionarmi.
Ma la cosa che fa la mattina quando sale sul mio letto per darmi il
buongiorno e farci le coccole, è un grande sospirone, come per dire...
"non ci posso credere che adesso ho una casa e una mamma" e si
riaddormenta.
Grazie canile Hermada
E pensare che mi doveva arrivare un'altro cane, che purtroppo il giorno della partenza si è sentito male e il veterinario, visto il lungo viaggio, ha consigliato di non farlo viaggiare. Sapevo che era cardiopatico e una pasticca al giorno non sarebbe stato un problema, quindi era proprio destino che poi è arrivata lei.
Ci sono personaggi televisivi che ti entrano nel sangue e se non ci sono ti mancano.
Lo sò che sembra un'idea patetica ma io seguo NCIS da tantissimi anni e certe sere se non lo posso vedere, mi manca.
E' un appuntamento, come il caffè del mattino, però la sera.
Alla fine passano gli anni e ti accorgi che anche loro cambiano e si invecchiano e in fondo è come se facessero parte della famiglia. Ecco la sensazione è questa. Come stare a casa e in fondo mangio con una certa serenità. Mi piace.
Non vedo tg per scelta da molto tempo e comunque poi avendo sky ho un largo margine di scelta.
Ormai è la quarta busta di mondezza che raccolgo in passeggiata nella riserva dietro casa.
Plastica, bottiglie e tutto di più.
Io lo frequento da poco ma vedere tutta quella robaccia in terra mi ferisce e ci stò male, quindi cerco di rendere più bello il posto in cui porto a passeggio il cane.
Possibile che le tante persone che frequentano questo posto, anche da anni, non hanno mai pensato di pulirlo?!!
Leggo sguardi straniti e commernti del tipo "chi te lo fa fare a raccogliere la mondezza degli altri"...
Così non si va da nessuna parte e il mondo è sempre meno bello. Che amarezza
A me non costa nulla. Continuerò a scendere con le buste.
Il mio viaggio nella conoscenza di Van Gogh è stato molto lungo negli anni.
All'inizio non lo capivo e anzi i suoi quadri mi sembravano brutti.
Poi anche grazie ad un viaggio ad Amsterdam, ho cominciato a vedere la bellezza in questi quadri ma ancora non ne capivo appieno il messaggio.
Ci vuole tanto tempo per capire un quadro diverso dai canoni normali, ma quando senti tutto quello che vuole dirti è una rivelazione bellissima.
L'uomo che ha dipinto il vento e girava nei prati per dipingere non la natura, ma l'anima della natura.
Per caso su Sky l'altra sera ho visto il film ultimo, con una interpretazione magistrale, devo dire.
Bellissimo e soprattutto è stato come completare un percorso. Mi mancavano cose importanti che nel film ho capito e saputo e adesso mi si è svelato il suo mondo e i suoi quadri.
Meraviglioso.
Ecco bisogna essere grati quando arrivano queste cose. Sono doni e soprattutto bellezza di vita.
Adesso finalmente guarderò i suoi quadri con uno sguardo diverso e più bello.
Il tutto è nato da una conversazione in famiglia. Mio padre giorni addietro ha detto ad un certo punto, ma chi ha deciso che la datazione è prima e dopo Cristo? Effettivamente ammetto di non averlo mai saputo, anche se qualche volta me lo sono chiesto.
Così ho deciso di chiedere, come sempre a Santo Google ed ecco che appare la risposta - ho fatto un semplice copia e incolla da Wikipedia. Buona lettura
Un monaco in uno scriptorium.
È famoso per avere calcolato la data di nascita di Gesù,
collocandola nell'anno 753 dalla fondazione
di Roma, e per avere introdotto l'uso di contare gli anni a
partire da tale data (anno
Domini). Il sistema cronologico da lui elaborato risulta
essere, congiuntamente al calendario
gregoriano (dall'anno 1582)
di gran lunga quello di più ampio utilizzo sulla Terra. Dionigi è
stato anche il fondatore della cronologia
storica generale.
Intorno al 525,
Dionigi il Piccolo ricevette dal cancelliere di Papa
Giovanni I l'incarico di elaborare un metodo matematico per
prevedere la data della Pasqua
in base alla regola adottata dal Concilio
di Nicea. Dionigi scoprì che nel calendario
giuliano, che vigeva all'epoca, le date della Pasqua si ripetono
ciclicamente ogni 532 anni, e compilò una tabella che conteneva
l'elenco delle date lungo tutta la durata di tale ciclo.
La tabella di Dionigi venne adottata ufficialmente e fu usata
dalla Chiesa
cattolica fino alla riforma
gregoriana del calendario nel 1582,
mentre quella ortodossa,
che non ha aderito alla riforma, la usa tuttora.
Nel compilare la sua tabella delle date
di Pasqua, Dionigi scelse di numerare gli anni secondo un criterio
del tutto nuovo: all'epoca si usava contare gli anni a partire dalla
fondazione di
Roma oppure dall'inizio del regno di Diocleziano,
o ancora dal principio dei tempi, calcolato secondo le età
convenzionali dei patriarchi biblici; Dionigi invece li contò ab
Incarnatione Domini nostri Iesu Christi, cioè "dall'Incarnazione
del nostro Signore Gesù Cristo"[6].
La data di nascita di Gesù era stata da lui stesso determinata con
un calcolo basato sui Vangeli
e sui documenti storici che aveva a disposizione.
Propriamente, secondo la dottrina cristiana, il momento
dell'Incarnazione di Gesù è quello del suo concepimento e non della
sua nascita; ma poiché Gesù, secondo la tradizione, nacque il 25
dicembre, concepimento e nascita avvennero nello stesso anno (il
concepimento si celebra nella festa dell'Annunciazione
il 25 marzo, esattamente nove mesi prima del Natale).
L'anno zero e la morte di Erode
Una peculiarità di questa numerazione è che non esiste l'anno
zero: Dionigi infatti non conosceva lo zero
(la parola latinanulla nella terza colonna della sua tabella di Pasqua non
significa "zero"); nell'Europa medioevale, lo zero venne
introdotto non prima del secondo
millennio dell'era cristiana. Egli stabilì quindi che l'anno
immediatamente precedente all'1
(cioè l'anno nel quale era nato Gesù secondo il suo calcolo) fosse
l'1 a.C.
Attualmente, però, la maggior parte degli storici ritiene che
Dionigi abbia sbagliato il suo calcolo di alcuni anni. La data
comunemente accettata per la morte di Erode
il Grande, sotto il cui regno nacque Gesù, è infatti il 4
a.C.: Gesù quindi non può essere nato dopo quella data. Non è
avvalorata dagli storici l'ipotesi che Erode fosse morto nel 3
d.C., mentre nel 4 a.C. avrebbe soltanto associato a sé i propri
figli nel regno: in questo caso il calcolo di Dionigi risulterebbe
esatto.
Fortuna della cronologia di Dionigi
La numerazione di Dionigi si diffuse in tutto il mondo cristiano,
inizialmente in Italia, nelle tavole di cicli pasquali e nelle
cronache. Intorno al VII
secolo passò ai documenti pubblici e privati[1],
sostenuta da chierici come Beda
il Venerabile. Già nell'VIII
secolo lo si trova negli atti dei sovrani franchi
e inglesi, mentre nel X
secolo è conosciuto in tutta l'Europa occidentale, imponendosi a
misura della diffusione della cultura. L'uso di contare in base
all'anno Domini anche gli anni prima di Cristo fu adottato
solo nel corso del XVIII
secolo[1].
La storia di Carl Ludwig Hermann Long dopo le olimpiadi di Berlino e della sua grande amicizia con Jesse Owens. Per caso trovi un pezzo di storia che non conoscevi ma che fa parte delle tante cose che sai e che ti porti dentro. E allora è bello chiudere il cerchio e magari divulgarlo...
Motta Sant’Anastasia è un paese di poco più di 12.000 abitanti.
Si trova
in Sicilia, in provincia di Catania. È situato sulle pendici dell’Etna.
La parte più antica è stata costruita su un "nek", una rupe di origine
vulcanica. Sulla strada per Motta, poco prima del paese, vi è il
Cimitero Militare Germanico. Nel 1954, tra il governo tedesco e il
governo italiano, fu stipulato un accordo per la costruzione di un
cimitero per tutti i caduti tedeschi in Sicilia della Seconda guerra
mondiale. Il cimitero fu inaugurato il 25 settembre del 1965.
All'ingresso vi è una stele che recita:
“IN DIESER KRIEGSGRÄBERSTÄTTE RUHEN 4561 DEUTSCHE GEFALLENE
VON IHNEN BLIEBEN 451 UNBEKANNT
1939 – 1945
IN QUESTO MAUSOLEO RIPOSANO 4561 CADUTI GERMANICI
451 SONO RIMASTI SCONOSCIUTI”
Questa è la storia di uno di loro.
Nel 1936 i giochi olimpici si disputano a Berlino, Germania. L’idea di
Hitler e del partito nazionalsocialista era quella di strumentalizzare
le olimpiadi per riaffermare la folle ideologia della razza ariana. Per
il Fuhrer le olimpiadi rappresentavano un magnifico strumento di
propaganda. I giochi rappresentavano l’occasione per dimostrare al mondo
l’efficienza, la grandezza della Germania nazista.
Carl Ludwig
Hermann Long, detto Luz, nasce a Lipsia il 27 aprile del 1913. Luz era
un lunghista e triplista. Era alto, biondo e con gli occhi azzurri, il
prototipo dell’atleta ariano. Era un beniamino della nazione. Era un
ottimo atleta. Nel 1934, agli europei di atletica di Torino, aveva
conquistato un bronzo nel salto in lungo. Era una delle punte di
diamante della squadra di atletica leggera tedesca. Era un diamante su
cui la Germania nazista contava per la conquista dell’oro olimpico.
Long, nelle gare eliminatorie del salto in lungo, manda in visibilio il
pubblico dell’Olympiastadion, qualificandosi per la finale. In ben due
salti supera il record olimpico. È l’idolo della folla, della nazione, è
il simbolo della purezza ariana, “gioca” in casa, chi può togliergli
quell’oro olimpico? Luz, però, non è solo un tedesco ariano, un’atleta
che vuole vincere, è, soprattutto, un uomo di sport. Durante le gare
eliminatorie, il suo grande antagonista, lo statunitense Jesse Owens, a
sorpresa, non sta brillando. Distratto dalle batterie dei 200 metri,
Jesse, la stella d’ebano, rischia di essere eliminato dalla finale del
salto in lungo. Due salti, due nulli. Luz, sorpreso dalla prestazione
negativa dell’americano, gli si avvicina e con uno stentato inglese
scolastico gli dice: “Uno come te dovrebbe essere in grado di
qualificarsi ad occhi chiusi”. Long aveva studiato il salto di Owens e
aveva capito dove l’americano difettava. Consigliò allo statunitense di
partire più indietro di 30 centimetri dalla pedana di rincorsa. Owens
accettò il consiglio del tedesco e con il terzo salto si qualificò per
la finale. Tra i due nacque un’affinità sportiva, ma soprattutto umana.
Tra il campione ariano e la stella afroamericana, lì nel catino
dell’Olympiastadion, davanti agli occhi del Fuhrer, in barba
all'ideologia nazista, nacque una fraterna amicizia. Il 4 agosto del
1936 si disputa una delle più memorabili finali del salto in lungo. Long
esalta la folla. I suoi salti sono fenomenali e addirittura migliora il
record olimpico, già battuto nelle eliminatorie. Owens dopo un primo
salto nullo, vincerà la medaglia d’oro con due salti superlativi,
l’ultimo con la misura di 8,06 metri, nuovo record del mondo. Owens oro,
Long argento. Luz, al termine della gara, sarà il primo a congratularsi
con Owens. Sarà il primo a tendere la mano con sincera ammirazione e
umiltà all'uomo che lo aveva battuto. Luz era consapevole di essere
stato sconfitto meritatamente da un grande atleta, forse il più grande
di sempre.
Jesse Owens sarà la stella assoluta di quelle olimpiadi.
Un afroamericano, un nero, odiato e discriminato in patria, porterà a
casa ben 4 ori olimpici: 100 metri, 200 metri, staffetta e salto in
lungo. Jesse Owens fu “l’uomo nero” che primeggiò davanti agli occhi di
Hitler nelle olimpiadi ariane. La sua non fu solo una vittoria sportiva.
Le sue vittorie andavano oltre le olimpiadi, oltre lo sport. Ma quelle
vittorie non cambieranno il suo status di “cittadino inferiore” in
patria. Dopo le olimpiadi non riceverà i giusti onori e la dovuta
gloria. Long, invece, concluse quei giochi portando a casa “solo” quel
magnifico argento. Da Berlino, entrambi non ottennero solo medaglie.
Grazie a quell’olimpiade, tra i due nacque una profonda fratellanza che
continuò anche dopo la manifestazione sportiva e che fu rafforzata da un
fitto rapporto epistolare.
Allo scoppio del secondo conflitto
mondiale, Long fu spedito al fronte. Inizialmente non era impiegato
direttamente nei combattimenti, ma quando la guerra prese una piega
negativa per i tedeschi, i suoi compiti cambiarono radicalmente. Nel
1942, era in Tunisia. Da poco era nato suo figlio Kai. Essendo al
fronte, non aveva avuto la possibilità di vederlo, conoscerlo.
Nell’ultima lettera che Luz scrive, dal fronte nord africano, a Jesse,
gli chiede un favore, uno di quei favori che puoi chiedere solo ad un
amico fraterno. In quella lettera Long metterà nero su bianco la
seguente richiesta:” Dopo la guerra va in Germania, ritrova mio figlio e
parlagli di suo padre. Parlagli dell’epoca in cui la guerra non ci
separava e digli che le cose possono essere diverse fra gli uomini su
questa terra. Tuo fratello Luz”
Il 14 luglio del 1943, Luz Long
presta servizio nella corazzata “Herman Goring”. È impiegato nei
combattimenti presso la piana di Gela, in Sicilia, per contrastare lo
sbarco alleato. Morirà nei pressi di Acate. Il suo corpo privo di vita
fu ritrovato dagli americani e gettato in una fossa comune.
Successivamente fu traslato a Motta Sant’Anastasia.
“Se non è
spirito d’atleta quello che mosse Long nel tendere la mano ad Owens, non
sappiamo cos’altro sia”. Con questa motivazione, nel 2000, il gesto di
umiltà e correttezza di Long, del 4 agosto 1936, fu celebrato dal
Comitato Olimpico Internazionale come esempio di pace e fratellanza tra i
popoli, secondo la fiamma originaria dei giochi olimpici.
Jesse
tenne fede alla richiesta di Luz. Si recò in Germania. Conobbe suo
figlio Kai. Partecipò alle nozze di quest’ultimo. Gli raccontò del
padre, di Berlino, del Fuhrer, delle medaglie e della loro grande
amicizia fraterna. Gli raccontò di quell’uomo che gli tese la mano con
umiltà e sportività abbattendo le barriere del pregiudizio e del
razzismo. Gli raccontò la storia di Luz Long, dell’atleta, del soldato,
dell’uomo il cui corpo giace nel sacrario di Motta Sant’Anastasia.
Trovato per caso tra le mie tante riviste che languono nell'armadio e si sà che in estate si tira fuori tutto pur di leggere qualcosa.
Non riesco proprio a sfogliare i giornali di gossip, praticamente non conosco nessuno e quando mi è capitato, mi sembra di abitare in un'altro pianeta, perchè dovrebbero essere famosi ma io non li conosco e nemmeno mi interessa devo dire.
Così quando posso leggo "io donna" o "Ddonna", i giornali allegati il sabato da anni ormai, alla repubblica e al corriere della sera.
Davvero ben fatti e soprattutto articoli da leggere molto interessanti.
Comunque di norma non guardo l'anno e solo quando leggo un intervista con Prodi e Letta mi viene da chiedermi di che anno sia... giro alla copertina... e sorpresa, 2008!!
E' stato fichissimo perchè io sapevo tutte le risposte. Sapevo cosa sarebbe accaduto dopo e questa cosa mi ha divertito tantissimo, perchè mi è sembrato di entrare in una macchina del tempo. Avendone poi più di una, ho anche trovato un'altra rivista in cui ci si domandava se ci sarebbe stato un governo Obama!!! he he... In fondo, mi sono davvero divertita ed è stato strano ma bello.
Leggere gli articoli di opinionisti e giornalisti e sapere come sarebbe finita. Avevo tutte le risposte e anche di più. Credo di averne ancora, di riviste archiviate che ancora non ho letto, se cerco bene... he he
Ho comprato questo libro molto combattuta se sarei riuscita a leggere una trama stile Danielle Steel e purtroppo non riesco proprio ad appassionarmi malgrado la bellissima trama.
Sono tornata indietro nel tempo e mi sembra di leggere un Harmony che per carità sono letture di evasione e anche belle storie, ma non mi piace più leggere questa tipologia di libri e anche il tipo di scrittura mi è stonata con le mie corde... Vabbè, ci ho provato.
Colpita e affondata
trama:
Germania, anni Trenta. Da generazioni, le nobili famiglie von Bingen e
von Hemmerle vivono nella campagna della Baviera. Grandi amici sin
dall'infanzia, Nicolas e Alex, eredi delle due dinastie e padri di
famiglia, sono uniti anche dalla tragica perdita delle rispettive
consorti. Mentre Nicolas non disdegna la mondanità, Alex preferisce
dedicarsi all'allevamento dei suoi meravigliosi cavalli. Per loro,
l'ascesa del nazismo è solo un'eco lontana. Finché un giorno le autorità
naziste scoprono che nella famiglia von Bingen scorre sangue ebreo. Per
Nicolas e i suoi figli, l'unica speranza di salvezza è la fuga negli
Stati Uniti. Tutto ciò che possono portare con sé è il regalo d'addio di
Alex: otto cavalli purosangue, che diventeranno un prezioso
lasciapassare per il futuro. Nel Nuovo Mondo, infatti, i von Bingen si
reinventano una vita lavorando in un circo, mentre l'Europa viene
inghiottita dalla guerra e i loro amici affrontano il peso di scelte
impossibili. Il futuro è imperscrutabile. Ma esistono legami che nemmeno
il destino più crudele potrà mai spezzare.
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Mai libro è stato così brutto da leggere, a mia memoria.
Terribile, veramente.
In questo delirio (concepito in 15 mesi di psicofarmaci ingollati
con boccali di vino o di birra, come racconta lo stesso autore) di
trama in cui non si capisce dove si deve andare a parare e solo alla
fine si svela la allucianante vicenda delle tre mummie torturate, trovate in
un’intercapedine del muro, in una baita di famiglia.
Il male o meglio l’odio puro verso le donne e gli animali, mai
ho letto di tanta abiezione.
Corona racconta la perversione, la viltà e la disonestà degli
uomini che odiano le donne. Ma perché? Che senso ha questo libro?…
E’ solo il delirio di un uomo famoso che ha potuto pubblicare?!!
Sono così scioccata che non ho parole.
Da sentirsi male veramente.
Eppure ne ho letti di libri di Corona ma mai avrei pensato.
...e la vita cambia sapore. Scopri che ci sono delle albe bellissime che ti sei persa da una vita e questo contatto con la natura, ti rigenera fin dentro. Gli uccelli, i profumi dei campi e camminare, camminare tantissimo. L'emozione del primo giorno in spiaggia, e vai lunga perchè all'improvviso in uno scatto di pura felicità la vedi correre e saltare di gioia sentendo per la prima volta la sabbia sotto le zampe.Ogni secondo, ogni minuto con lei è un'emozione.
Si chiama Candy, ma il nome non l'ho deciso io. E' il suo nome dato in canile, dove ha vissuto per 8 anni senza mai avere una mamma, una casa, una famiglia.
Salvata da un canile lager in Calabria, è arrivata in Toscana in una situazione disastrosa. Il pelo mai pettinato e pieno di sporcizia e nodi, magrissima a triste. Tanto triste...
... eppure questo sorriso mi ripaga di tutte le mie paure. Quel dentino storto è il segno di quello che ha vissuto, forse ormai dimenticato, la chiamo affettuosamente "la mia vampiretta". E' stata curata da una brutta dermatite. E le volontarie del canile di Montecatini piano piano l'hanno fatta rifiorire. Sono persone stupende e le ringrazio ogni giorno per questo regalo che è arrivato nella mia vita grazie a loro. E adesso ci sono tramonti e albe bellissime dove ho scoperto un'altro mondo che non credevo possibile fosse così bello.
Questo viaggio è appena iniziato eppure c'è tanto amore. Le coccole la mattina quando ci alziamo e sentire il suo russare tranquillo quando dorme nella serenità di questa nuova vita. Io ho una casa piccolissima ma non importa. Non sono i giardini o le case grandi che fanno felice un cane che ha vissuto tutta la sua vita in canile. E' solo l'amore e l'affetto che sente. Curerà piano piano tutte le sue ferite e lei curerà le mie. Ci siamo semplicemente trovate e adesso sento che ho una nuova vita da vivere. Diversa e bellissima. Stamattina camminavo sotto la pioggia e sorridevo. Non credo che si possa raccontare ma solo provare.
Affittare un appartamento per il soggiorno, è stata una bella pensata. Prima di tutto perchè era bellissimo e con un giardino stupendo, con la comodità di poter cucinare e mangiare in cucina.
Ci è sembrato di entrare dentro una rivista di Vogue casa e devo dire che l'arredamento è stato davvero una piacevole esperienza.
La signora è stata un po' invadente perchè non ci aveva specificato che l'uso giardino era per tutti, ma tutto sommato è stato bello.
La sera un bel piatto di pasta al dente, mi sono portata la Rummo da casa, ovviamente.
D'altronde con il figlio cuoco non poteva essere altrimenti... diciamo che ho approfittato di lui.
Vedere le vie sempre pulitissime e la differenziata fatta come si deve, mi ha fatto ricredere.
Roma è una cloaca a cielo aperto e se è possibile a Parigi, perchè non sperare che un giorno anche Roma potrà avere strade pulite.
Sicuramente questa Dirigenza non ha fatto come i dirigenti Ama che hanno avuto il colpo di genio di togliere gli spazzini su strada con il risultato che tutti vediamo da due anni.
Quando ho visto che a Parigi gli operatori addirittura hanno delle lunghe pinze per raccogliere la mondezza da terra, mi veniva da piangere.
Girando per Parigi ci sono le bici elettriche e degli skate che si accendono e si parte.
Impossibile non parlare dei MACARONS a tutti i gusti e i sexy shop nel quartiere a luci rosse, dove c'è il Moulin Rouge e il mio caffè preferito, che ho cercato tanto...il gatto nero.
Il famoso "Le chat Noir"...
Non ci siamo fatti mancare anche il cimitero monumentale, molto celtico devo dire e con delle statue bellissime. Siamo riusciti ad arrivare solo alla tomba di Oscar Wilde... per le altre amen.