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venerdì 24 maggio 2019

Museo della Tortura

Ho cercato questo museo svariate volte a Roma senza mai trovarlo e così passeggiando per Lucca non mi è sembrato vero poterlo incontrare e visitarlo.
Immaginavo che fosse interessante e mi è davvero piaciuto tantissimo.

La tortura, ampiamente presente sin dall’antichità e presso tutte le culture, è un metodo di coercizione fisica o psicologica, inflitta con il fine di punire o di estorcere delle informazioni o delle confessioni.

Attraverso un agghiacciante viaggio tra gli strumenti di esecuzione capitale, tortura e pubblico ludibrio questa insolita esposizione racconta una storia di orrori che la nostra coscienza ha rimosso e che invece per molti secoli furono parte integrante dell’umana convivenza.
Tutti supplizi famigerati che a vederli oggi fanno rabbrividire ma che dimostrano come l’uomo abbia impiegato nel campo delle tecniche e delle pratiche atte ad infliggere dolore un’ inventiva che in nulla é minore a quella che ha saputo porre nel pensiero e nelle arti.
La finalità della mostra è proprio l’esercizio della memoria, allo scopo di documentare le aberrazioni dell’intolleranza e del fanatismo di cui l’uomo è capace quando, nel suo lucido delirio, vuole provocare intenzionalmente sofferenza e morte ad altri esseri umani.

Fra i vari oggetti c'era anche la cintura di castità.
Ho sempre pensato che fosse una crudeltà che gli uomini imponevano alle loro donne quando partivano per una lunga guerra e invece scopro che spesso è stata usata proprio dalle donne per proteggersi da eventuali stupri, specialmente se sotto assedio o con eserciti invasori nelle vicinanze.

Ho letto con interesse tutte le spiegazioni di varie torture inflitte e strano a dirsi quella più terrificante era il semplice imbuto con cui si costringeva il torturato a bere acqua fino ad esplodere. Certo non è che chiodi e pinze fossero da meno per dolore e atrocità.

Sicuramente per noi oggi è inconcepibile pensare che ci siano stati uomini che abbiano davvero eseguito queste torture anche su donne o forse dovrei dire al contrario, soprattutto sulle donne.
Quale persona può arrivare a tanto?

La barbarie è per noi una cosa del passato tanto che quando oggi ne veniamo a conoscenza perchè ancora praticata ne proviamo ribrezzo e soprattutto angoscia e perplessità.

Fatevi un giro nella storia, si impara solo.


 Sicuramente alcuni di questi oggetti fanno rabbrividere solo a leggere le conseguenze e la relativa morte ma ancor di più si sente tanta storia o meglio usi e costumi di epoche storiche.


Addirittura i bambini non erano esonerati da punizioni corporee come si evince da questo cavallino che è tutto tranne che un gioco.
































Condannata da tutti ma ancora praticata, perché?
È errato infatti immaginarsi la tortura come un fatto storico, come un’usanza di tempi passati e/o di determinati luoghi, come una procedura da allora superata con l’evoluzione sociale, politica e morale. In realtà la tortura non conosce epoca, non esige né ambienti né mezzi particolari, e non deriva dalla volontà del potere, tanto secolare come religioso. Far soffrire un’altra persona pare sia una necessità irreprimibile dell’essere umano. La malvagità umana, il piacere per il dolore altrui, il desiderio d’imporre i nostri criteri ai più senza rispettare la libertà degli altri non è il patrimonio di un’epoca ma forma parte della storia dell’umanità.

mercoledì 22 maggio 2019

Lucca e il Museo dell'emigrazione

Mai vista città più bella.

Città di Chiese, di Torri, di piazze e di vie, tutte ben curate e pulite.
Meravigliosoo il camminamento fuori la città, sulla cinta muraria.
Una città così piacevole, così calma, così piena di vita e di bella gente.
Negozi di un certo livello (niente cinesi) e davvero un piacere passeggiare. Vasi di fiori e biciclette fuori ad ogni negozio.
Cura e pulizia.
Tutto quel verde così curato è stata una gioia per gli occhi e per l'anima.
Ho perso il conto delle pasticcerie e delle gelaterie, di grandissimo livello. Dolci buonissimi e anche i gelati. Ho assaggiato un pasticciotto con il riso e la crema che quasi svengo.
Certo il giorno di pioggia è stato un po' antipatico, ma era davvero tutto così bello da passare oltre.

Tantissimi turisti devo dire.
Inoltre c'era la giornata dei giardini aperti e abbiamo visitato alcuni giardini niente male.

Ma le aiuole con le rose intorno agli alberi mi hanno davvero commossa.
Giuro!!
Abituata allo squallore e alla sporcizia di Roma questa città non mi sembrava vera e davvero ho sentito e desiderato per un attimo fare un'altra vita e avere la possibilità di vivere in un posto così bello.

Mi rendo conto che sono ferita dentro da tutta la bruttura che ho dentro nel vivere circondata da mondezza ogni santo giorno. Sono malata e me ne accorgo così.



Lucca è stato anche l'incontro con un Museo molto interessante, il Museo dell'immigrazione a cura della fondazione Paolo Cresci.
Una scoperta bellissima, con foto e documenti della storia dell'emigrazione italiana in tutto il mondo.

Leggo sul libro "sotto tutti i cieli" passaggi che noi ignoriamo e che farebbe bene che fossero di dominio pubblico, perchè purtroppo si dimentica. ...

"la valigia è stata a lungo simbolo dell'emigrazione, prima della valigia c'era il fagotto, un pezzo di stoffa, uno scialle nel migliore dei casi. La flotta di velieri adibiti al trasporto dei migranti furono chiamate le "navi di Lazzaro" per le condizioni per noi oggi inimagginabili."
"Il paradiso terreste promesso dalle guide in realtà era ben altro. Soprattutto in America erano molti gli italiani che venivano respinti. Sbarcati a Ellis Island eran sottoposti a controlli molto severi. Una drastica selezione respingeva coloro che erano affetti di tracomatosi (congiuntivite oflalmica), indigenza estrema, età giovanile o età troppo avanzata, addirittura stato civile, le vedove con bambini non venivano accettate senza un documento che attestasse un parente o un amico che potese sostenerli). Inoltre con la Literacy Act del 1917, una legge sull'analfabetismo, furono moltissimi gli immigrati respinti, soprattutto per gli italiani meridionali."
storie di intolleranza
"la storia dell'emigrazione italiana è costellata da tragici episodi di xenofobia, sia in Europa che in America... elementi comuni erano i pregiudizi razziali e culturali, il timore di ripercussioni economiche per il massiccio afflusso di immigrati...

lunedì 13 maggio 2019

Bignardi

nessuno è più di buon umore di un ansioso, di un depresso o di uno scrittore, quando gli succede qualcosa di grosso.
Daria Bignardi

Uso questo incipt per far capire un po' l'anima del libro. Premetto, prima volta che leggo la Bignardi e mi è piaciuta tantissimo. Ha una scrittura fluida, come acqua che scende da un ruscello. Un vero piacere leggerla.
Certo il libro oltre che di ansia, parla della chemioteparia e di come Lea affronta la malattia e il tumore, quindi è tutto tranne che una passeggiata, ma le parole possono curare più di tante medicine e io consiglierei davvero questo libro per il messaggio che riesce a trasferire e a trasmettere al lettore. Bello, soprattutto nel finale.


venerdì 10 maggio 2019

CASALINGHITUDINE

Con un'amica decidiamo di prendere un thè in un bar molto particolare, perchè al suo interno c'è una libreria, e infatti si chiama "bar heminguey".
Odoriamo il profumo che sale dalle nostre tazze e mi guardo intorno.
Una copertina ha attratto il mio sguardo e lo compro.

È il 1987 quando in libreria appare "Casalinghitudine" e le ricette di cucina entrano a pieno titolo nella nostra letteratura. Allora non si poteva immaginare che quel libriccino sarebbe diventato un piccolo classico e che quel titolo sghembo avrebbe conquistato il proprio posto nei dizionari. A distanza di quasi trent'anni dalla sua prima edizione, questo manuale-manifesto viene riproposto per la prima volta con una nota dell'autrice che, con affetto e ironia, ne ripercorre le tappe di ideazione e stesura. "Casalinghitudine" è un ritratto del nostro Paese, che Clara Sereni ha potuto tratteggiare raccontando di sé e della sua generazione attraverso il cibo. Ogni piatto ha un ricordo da portare alla luce: la minestra dei Sette Grani evoca la maternità, la pasta e fagioli rappresenta il Sessantotto, un polpettone scandisce il consolidarsi di un'amicizia e una frittata di zucchine può diventare l'immagine di una frattura storica, quella di suo padre, Emilio Sereni, intento a discutere con Pietro Nenni sulla spiaggia di Formia. Il cibo diventa così un vero e proprio linguaggio extra-verbale, capace di creare legami e di esprimere sia affetti, sia disamori.

Leggo quindi la storia della scrittrice Clara Sereni e la recensione sul libro stesso.

Clara Sereni è una scrittrice, traduttrice e giornalista nota anche per l'attività politica e associazionistica. Dopo esordi romanzeschi (Sigma Epsilon) ha pubblicato con successo racconti e traduzioni dal francese. È stata a lungo presidente della Fondazione Città del Sole, impegnata in prima linea sulle tematiche della salute mentale.Grazie al suo Via Ripetta 155, pubblicato da Giunti, entra a far parte dei dodici semifinalisti del Premio Strega 2015.


La parola casalinghitudine ha una data di nascita che è il 1987.  In quell’anno, la scrittrice Clara Sereni scelse questa parola per dare il titolo a un suolibro.  Scelse la parola e la inventò, la coniò di sana pianta perché prima non esisteva.  Tra l’altro, la coniò bene perché unì all’aggettivo casalingo il suffisso -itudine e da quel momento in poi, grazie anche al grande successo del libro, la parola si è diffusa nella lingua italiana.  Con quale significato?  Il primo significato, se andiamo a cercare la parola nei dizionari, è quello di condizione della casalinga.  Naturalmente Clara Sereni non alludeva a questo significato.  Il suo era un libro di storia personale e di storie familiari, ricostruite anche attraverso il racconto dei piatti tipici, delle ricette tradizionali della propria famiglia.
Dicevo che la parola ha avuto seguito, ha fatto strada e si è diffusa nella nostra lingua, ma con sfumature di significato diverse.  Al significato originario, quello che dicevo essere riportato in tutti i dizionari, se ne è aggiunto poi uno un po’ diverso, quello della condizione di chi sente i lavori domestici come limitazione alle proprie aspirazioni.  E, ancora un significato ulteriormente estensivo, è quello che ricorda o quello che evoca il piacere di vivere nelle mura domestiche, dedicandosi ai lavori della casa.
Il successo della parola casalinghitudine è dovuto forse anche alle molte sfumature di significato che possono esserle attribuite.  La parola casalinghitudine è registrata ormai da molti anni in tutti i vocabolari della lingua italiana.
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E adesso veniamo a noi. Dopo tutta questa prefazione alla fine della lettura avevo un sapore amaro in bocca. Il libro è stato brutto, ricette a parte e ho detto tutto.
Scritto male anzi malissimo e passando di palo in frasca senza motivo facendo un gran casino tra passato e presente e futuro. Odio i libri disordinati in relazione temporale, mi confondono.
Passa dal matrimonio ai figli poi a quando aveva 12 anni poi di nuovo fidanzata... e insomma, ma che cazzo... lo posso dire!!!!

Sulle ricette invece faccio un grande elogio, perchè sono veramente ricette di altri tempi.

Il problema è che questa scrittrice è una persona molto fredda e strana. Mah... non capisco davvero il suo successo.




martedì 7 maggio 2019

Palazzo Patrizi Montoro

Quanti Palazzi nobili ci sono a Roma ancora abitati dalle nobili casate che fanno una vita normale e di cui noi siamo ignari? Essere ospitati per una visita guidata dallo stesso Marchese che abita l'appartamento è sicuramente insolito e forse troppo umano. In fondo non sono alieni?

giovedì 2 maggio 2019

Libri

Strega, seduttrice, colpevole, assassina: Agnes Magnúsdóttir è accusata di molte cose. Perché nell'Islanda dell'Ottocento - immersa nella nebbia come in mille superstizioni - lei, con la sua bellezza, il suo animo ribelle, la sua intelligenza troppo vivace, è diversa da tutte. Diversa anche per l'uomo che si è scelta: Natan Ketilsson, un uomo più vicino ai diavoli dell'inferno che agli angeli del paradiso, come mormorano nel villaggio, capace di risuscitare i morti con pozioni a base di erbe conosciute solo da lui. E ora che Natan è morto, ucciso da diciotto coltellate, il villaggio decide che la colpevole dell'efferato omicidio non può che essere lei, Agnes. La donna che lo amava. E mentre, ormai condannata, attende la morte per decapitazione, Agnes racconta la sua versione della storia alle uniche persone amiche che il destino le concede nei suoi ultimi giorni: la moglie del suo carceriere, e un giovane e inesperto confessore. E anche se la morte sarà la fine inevitabile, per Agnes la vita continua altrove: nei pensieri, nei sogni, nelle storie che ha letto, e nell'amore per Natan. 
 
Libro tristissimo e pieno di rabbia per la posizione delle donne in quel periodo storico che a noi oggi da fastidio leggere letteralmente per tutto quello che malgrado tutto nel bene e nel male siamo riuscite a conquistare contro il monopolio degli uomini e dei loro ragionamenti di segregazione e inferiorità verso le donne. Mi sarei evitata tranquillamete di farmi del male e leggere questo libro che sinceramente non consiglio.