Dal blog di Wolfghost:
“Il passato, presente e futuro spesso dipendono da un “no” in amore o, meglio, da come si reagisce ad esso.
Ho sempre trovato, a mente lucida, incredibile, quasi folle, come per molte persone sia difficile accettare un “no” in amore. E’ come se sopraggiungesse un vero e proprio blackout delle facoltà intellettive: non si riesce a prendere quel “no” per quello che è, ovvero un “normale” rifiuto; non possiamo piacere a tutti in fondo, non è vero? Nessuno sarebbe solo al mondo, anzi si creerebbero conflitti parossistici: ad ogni angolo si incontrerebbero persone che si vorrebbero come partner, con buona pace del precedente!
Tutti sappiamo che l’amore, quello vero, se non è un miracolo, è comunque difficile: è tutt’altro che facile “incontrarsi”. Eppure… quel “no” diventa un trauma ed un dramma. Non rappresenta solo, dicevo, un rifiuto normale, che puo’ anche starci in fondo, diventa il metro di una presunta inadeguatezza, come se ci venisse detto “tu non vali niente”, “tu non sei nulla”. Forse si rivive in quel momento la paura dell’abbandono o del rifiuto da parte dei genitori nell’infanzia, paura che più gente di quel che si pensa ha provato: basta l’allontanamento dei genitori, magari semplicemente per motivi di lavoro, per creare nel bambino l’ansia di essere stato da essi (anche da uno solo) abbandonato, di non essere voluto. Il bimbo infatti, fino ad una certa età, non è in grado di capire che il genitore si è allontanato solo momentaneamente e che tornerà; esso puo’ viverlo ogni volta come un abbandono. Pare che la reiterazione di questo “piccolo trauma” possa alla lunga diventare più dannoso di un grande, evidente, trauma.
Quale che sia la ragione scatenante, ecco allora che si inventano le più disparate supposizioni ai motivi di quel “no”, perché l’idea che quella persona semplicemente non ci ama è del tutto – e incomprensibilmente – inaccettabile. Di volta in volta “non sa’ amare”, “ha un blocco”, “ha problemi in famiglia”, “c’è una terza persona”, “è gay”, … Si potrebbe continuare a lungo. Quanto tempo ed energia sprecate per evitare di ammettere che siamo normali esseri umani, che possono essere amati, non amati o amati da chi magari non amiamo noi.
Eppure… quanti “no” in amore abbiamo detto noi? Magari più di quelli ricevuti. Ma non ci fermiamo quasi mai a riflettere sul perché abbiamo detto un “no”: che ragione c’è? Sappiamo benissimo che semplicemente quella persona non “ci prende”. Viceversa, quelli ricevuti… no, quelli devono avere qualche ragione recondita, perché noi meritiamo senz’altro di essere amati, anche da quella persona alla quale evidentemente la cosa non interessa…”
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Mi aggancio a questo post perché stò vivendo in
questo momento entrambe le situazioni e quindi mi piacerebbe cercare di trovare
i nessi e le ragioni e le motivazioni di tanto dolore. Perché è indubbio che c’è
tanto dolore. So che quando si riceve un no, al primo impatto si ha come la
sensazione di non respirare, è come se ti crollasse una montagna addosso e non
riesci a reagire. La parola “disperazione” campeggia a caratteri cubitali nel
cielo o nel soffitto della camera da letto, è la stessa cosa. Ti sembra di non
poter vivere senza quella persona e ti chiedi cosa hai sbagliato o come mai non
sei riuscito ad essere abbastanza fico per quella persona che era la sola
ragione del tuo amore e della tua vita. Come non sentire o non entrare in
empatia con tanto affetto e perché gettare tutto questo alle ortiche. Mille
domande e mille risposte, magari pure sbagliate. Ma il punto non è questo.
Il punto è che quella persona non ti amava abbastanza
da volerti nella sua vita e quindi ha chiuso per non sacrificarsi e non dover
subire qualcosa che in difetto e vissuta passivamente a ragione o a torto era
una violenza nei suoi confronti e siccome il rispetto deve essere reciproco, non si può costringere una persona ad
innamorarsi di te o a volerti nella sua vita.
Questa cosa va accettata perché la vita è così e
non fa sconti a nessuno, soprattutto e purtroppo ti fa sempre innamorare della
persona sbagliata.
Quando sono stata lasciata e ho vissuto tutto
questo non ho mai, dico mai, avuto sentimenti di odio o rancore verso quella
persona che in fondo è stata sempre sincera con me e mi aveva detto di non
innamorarmi, come mi aveva detto che avrei sofferto perché lui non mi amava
abbastanza da voler stare con me. Era solo una storia di sesso anche se poi non
capisco come facciano gli uomini a fare sesso e non l’amore, che è il sesso con
un sentimento, qualsiasi, ma un sentimento. Sinceramente alla mia età nemmeno
lo voglio più capire. E’ così e amen. Non ha mai voluto ferirmi e anzi mi ha
lasciato per darmi la possibilità di poter avere altro nella mia vita e di
poter essere libera di amare quello giusto. Che fare? Rimanere amici? O non
vederci più. Mah… se una persona non la vedi più la dimentichi prima, tanto il
dolore stà lì e non va via. Esiste e si moltiplica, a volte si diverte a farti vedere
tutto nero eppoi succede che un giorno all’improvviso vedi rosa. Perché anche
questo no è servito per amarti di più, per avere più rispetto di te stessa e
per capire che non si devono fare colpe a nessuno. Al cuore non si comanda
dicono i saggi e i vecchi ed è vero. Non si stà con una persona per pietà, o
per amicizia, o per farla felice, perché per primi dobbiamo fare felici noi
stessi e dobbiamo rispettare noi stessi e se un sentimento non c’è non c’è,
non si può far niente.
Non si prova niente e quella persona non ti manca perché
non è la persona che vorresti vicino a te e quindi non è giusto illuderla di
avere altro un giorno o di cambiare. La realtà è una bastarda ma almeno ci
aiuta ad essere migliori.
Ecco quello che non capisco in tutto questo è la
violenza e l’aggressività.
Perché devi riempire l’altro di minacce o di
parolacce o di ingiurie, o fargli cattiverie gratuite per dispetto? Nessuno fa
le cose per cattiveria o per ferire l’altro. Semplicemente ci si prova e si
cerca di fare il meglio, invece la vita ti porta a provare altro e bisogna accettarlo
con umiltà, invece che con rabbia.