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mercoledì 17 ottobre 2018

Bookcrossing

In ufficio abbiamo creato un piccolo spazio dove lasciare i libri da leggere o prederli per una lettura...
Ci passo spesso davanti e non sempre ho il tempo di fermarmi, ma due giorni fa nel risistemare i libri che erano in disordine, mi è capitato tra le mani questo piccolo libro e l'ho letto con infinito piacere. Non conoscevo questo scrittore, Eugenio Carli, e mi è piaciuta molto la sua forma espressiva.

Un piccolo albergo, sei stanze, sei misteri e la Normandia: questi gli ingredienti de L'Albergo di Vincent. Su una collina di Deauville, una cittadina battuta dal vento e lambita dal mare, si erge il piccolo albergo di Vincent. Sei stanze soltanto, la maggior parte delle quali occupata da ospiti fissi, clienti che affidano al perimetro della loro camera vicissitudini, attese, assenze.Ogni porta cela dietro sé innumerevoli storie, anime alla deriva tra i cadaveri degli Alleati. Ci può essere qualcosa nella morte che richiama altra morte? È possibile che una maledizione penetri le pareti del tranquillo albergo per mano di un'elegante donna americana? Che un fine settimana si tinga improvvisamente di sfumature inattese? 




Secondo libro preso è di Vargas, una scrittrice che non avevo mai letto e che mi ha letteralmente stregato.

Un luogo incerto è un romanzo poliziesco, il sesto con protagonista il commissario Adamsberg e i suoi uomini del commissariato del XIII arrondissement di Parigi.

Già dalle prime pagine la scrittura piacevole e scorrevole ma intrigante mi ha portato dentro il libro con una serie di nuove piste e contorni psico-emotivi da fascino noir.
E' un giallo che ti incatena fino all'ultima pagina e non c'è niente da fare, nemmeno ti fa intuire fino all'ultimo il colpevole. Di solito io a metà libro intuisco già l'assassino e quasi sempre ci azzecco. Ma con lei non c'è niente da fare.
Credo che in biblioteca cercherò anche gli altri che parlano di questo commissario, di cui confesso, mi sono un poco innamorata.

 Piccoli gioielli trovati per caso o forse come dico sempre, sono stati loro a trovare me.

venerdì 5 ottobre 2018

La Reggia di Caserta e le sirene


E' stato proprio in  questo posto che ho saputo della vera origine delle sirene, e lo voglio raccontare.






In una delle sale c'era una bellissima statua in oro (foto) che sembrava un angelo e invece era una sirena. Questo perchè nell’antica tradizione greca e romana, le sirene era dotate di ali, un volto seducente e un corpo statuario, con seni ben fatti, fianchi espansi, cosce tornite che, a partire dal ginocchio, divenivano arti e zampe di volatile.
Il ruolo di queste creature era legato all’Ade perchè, con i loro canti melodiosi, rinfrancavano le anime che si accingevano ad entrare nell’Aldilà. Molto probabilmente il mito s’era sviluppato attorno ai gridi di colonie di gabbiani che, alla distanza, sembravano canti di donna, all’interno dei quali era possibile immaginare qualche parola. I naviganti che si fossero fatti ammaliare da questi melodiosi fraseggi, avrebbero diretto la prua verso le sirene, naufragando su scogli poco evidenti dalla nave.
Nel Medioevo cristiano, probabilmente in seguito alla fusione di queste figure con miti analoghi provenienti dai mari dell’Europa settentrionale, le sirene non vennero rappresentate più con le ali e le zampe d’uccello, ma con la coda di pesce. Questo mutamento iconografico si impose quasi certamente per differenziare creature mostruose dagli angeli che, a partire dal III secolo, furono rappresentati nella forma che ben conosciamo.
Le sirene pisciformi furono scolpite nelle chiese romaniche, imprigionate dalla costruzione stessa, in molti casi costrette a sostenere, come capitelli, gli edifici. La pulsione primitiva veniva così catturata dalla pietra divina e finalizzata al bene. La più ampia raffigurazione di sirene, nella pittura, si attesta però nel XIX secolo quando rappresentarono inequivocabilmente la donna fatale, irresistibile, che porta l’uomo a certa rovina.

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