La storia di Rosa Sauer è ispirata a quella di Margot Wölk, nata nel
1917 in Germania, segretaria trasferitasi in Prussia dopo i
bombardamenti di Berlino e selezionata nel 1942 insieme ad altre
quindici donne per diventare una delle assaggiatrici di Hitler. In
occasione del suo novantacinquesimo compleanno la Wölk, unica
sopravvissuta alla guerra tra le sue compagne, ha rilasciato
un’intervista pubblicata il 2 aprile del 2013 sul “Der Spiegel”, in cui
ha raccontato gli eventi di quel periodo terribile: non solo la paura di
morire per il cibo, ma anche quello che le è accaduto dopo la fuga, la
cattura e gli stupri a opera dei russi, l’impossibilità in seguito alle
violenze di avere figli.
Questo non è stato mai perdonato. Far finta che andava tutto bene. Negare l'avanzata e per anni le donne tedesche non hanno perdonato ai loro uomini di averle lasciate in balia dei russi.
Non conoscevo questo fatto storico e quindi ho letto con molta avidità ma l'autrice si è persa strada facendo e sinceramente non mi sento di consigliarlo. Scritto malissimo.
Tre volte al giorno, un gruppo di donne sfida la morte per
assaggiare il cibo che sarà poi servito a Hitler nascosto nella “Tana
del lupo”, il cerchio intorno a lui sempre su stretto, la disfatta ormai
sempre più vicina, gli orrori di quel periodo, nascosti o ignorati,
pronti ad essere svelati. Tra di esse c’è Rosa, «berlinese» catapultata
in mezzo alla foresta a casa dei genitori del marito disperso sul fronte
russo, che viene scelta non sappiamo bene perché dal sindaco del paese
per lavorare come assaggiatrice nel quartiere generale mimetizzato in
mezzo alle conifere dove un Hitler sempre più paranoico e feroce dirige
le operazioni sul fronte orientale.
Autunno del ’43, quartier generale di Rastenburg, a pochi chilometri da
Gross-Partsch, nella “Tana del Lupo”. Dopo aver atteso in piedi nel
corridoio, dieci donne entrano in silenzio dentro la stanza che
costituisce la mensa di Krausendorf. Siedono davanti a un tavolo di
legno e piatti di ceramica bianca colmi di cibo vengono posti sotto il
loro naso. Fagiolini coperti di burro fuso, piselli e riso, peperoni
arrosto, strudel. Ogni cosa sprigiona un aroma che fa andare il sangue
al cervello. Il buco che hanno nello stomaco è un tormento e appena
arriva l’ordine: “Mangiate!” è impossibile sottrarsi. Rosa Sauer
assapora il cibo come fanno le altre donne. Prima bocconi misurati, poi
sempre più abbondanti, fino ad avere le lacrime agli occhi. Quando
terminano il pasto, le SS impongono di non alzarsi da tavola. Devono
aspettare almeno un’ora per assicurarsi che nessuna muoia, che non ci
sia veleno nelle pietanze. Prima che scada il tempo una delle ragazze,
Leni Winter, contravviene agli ordini e si alza in preda a un malore,
all’improvviso vomita il pranzo. Il panico è generale, le SS vanno a
interrogare il cuoco, Otto Günther, mentre le altre donne sono preda di
pianti isterici. Rosa soccorre aspetta il corso degli eventi. Il tempo
passa, nessuna muore, nessun veleno. Si è trattato solo di indigestione.
Ora sono libere di andare, mentre il Führer può consumare il suo pasto
senza timori. Rosa e le altre donne sono ufficialmente cavie, vengono
sottoposte a visite, perquisizioni e prelievi. Sono le assaggiatrici di
Hitler e non possono sfuggire al loro destino…
«Abbiamo vissuto dodici anni sotto una dittatura, e non ce ne
siamo quasi accorti. Che cosa permette agli essere umani di vivere sotto
una dittatura? Non c’è alternativa, questo è il nostro alibi».