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mercoledì 28 dicembre 2022

Come vento cucito alla terra



Questa è la storia dimenticata delle prime donne chirurgo, una manciata di pionere a cui era preclusa la pratica in sala operatoria. Dopo “Fiore di roccia”, Ilaria Tuti ritorna al romanzo storico con “Come vento cucito alla terra”. La Tuti descrive una storia di emancipazione femminile, di ambita uguaglianza che passa attraverso la rinuncia, la sofferenza e la libertà. Louisa Garrett Anderson e Flora Murray aprono la prima unità chirurgica gestita esclusivamente da donne, per uomini, in zona di guerra. Il primo conflitto mondiale è esploso e queste dottoresse ed infermiere volontarie lasciano l’Inghilterra, troppo rigida e bacchettona per accettare un tale cambiamento per andare a Parigi, dove apriranno il primo ospedale inglese in terra francese. Le Lady Doctors sono donne medico, ma la loro attività è limitata alla cura di donne e bambini. Per questo quando i soldati arrivano feriti e malconci nell’ospedale parigino della Croce Rossa sembrano più spaventati dalle dottoresse donne che dai colpi ricevuti. I soldati urlano, invocano un medico uomo, un medico vero. Questo libro descrive benissimo la storia dei soldati e delle loro ferite, le loro amputazioni (fisiche e mentali), la loro invalidità che troverà accoglienza, conforto e guarigione in questo ospedale gestito solo da donne. E proprio in questo contesto, è citata la storia dei soldati ricamatori, reduci di guerra che in ospedale venivano aiutati ad accettare le disabilità e a superare il trauma del combattimento ricamando; per la sua ripetitività gestuale, il ricamo è una attività particolarmente terapeutica e meditativa; simbolicamente, rappresenta una sutura dell’anima, come un kintsugi di filo che va a lavorare dove più abbiamo bisogno, e dalle nostre ferite emotive crea cicatrici splendide, che diventano parte di noi-non devono essere nascoste, ma integrate nel bellissimo disegno della nostra identità. Spesso questi ricami erano venduti per raccogliere fondi a supporto degli ex soldati. Oggi, si possono vedere i lavori di questi soldati in diversi musei del mondo, oltre che in chiese e istituzioni, come per esempio il paramento d’altare della famosa St. Paul’s Cathedral di Londra.


Alla fine della trama un Zeppelin silenziosamente attacca Londra e l’ospedale è in grave pericolo. Così per curiosità sono andata a documentarmi storicamente sulla storia di questi dirigibili, prima che arrivassero gli aerei.

Il 31 maggio del 1915 il dirigibile tedesco Zeppelin LZ38 inizia a lanciare bombe sulla capitale inglese, contravvenendo il proposito di qualche mese prima del Kaiser Guglielmo di non bombardare agglomerati urbani. I tedeschi sono i primi a servirsi dei bombardamenti aerei sui civili come strategia di guerra e questo primato viene realizzato con i leggendari dirigibili Zeppelin, spostando così il teatro di guerra dal fronte vero e proprio ai luoghi della vita quotidiana, suscitando terrore e incredulità nella popolazione. Un giovane Churchill, da qualche anno Ministro della Marina inglese, intuendo il potenziale offensivo dei dirigibili decide che il modo migliore per prevenirne gli attacchi sia colpirli nei loro stessi hangar in Germania. La prima missione tedesca sull'Inghilterra, però, risale al 10 gennaio 1915, quando tre Zeppelin partono dalla Germania per bombardare i docks di Londra, ma l’azione é imprecisa e i tre aerostati sganciano a casaccio il loro carico su Yarmouth. La missione servirà comunque come test per il successivo bombardamento di Londra e farà puntare sul dirigibile come nuova arma strategica. I dirigibili causarono più panico e terrore che danni reali. Agivano di notte, erano silenziosi e volavano troppo in alto per la contraerea, ma non erano tecnicamente molto affidabili e i raid notturni poco precisi.

Il primo attacco su Londra con lo Zeppelin LZ38 sgancia 120 bombe incendiarie uccidendo 6 persone. In totale durante il conflitto furono usati 84 dirigibili, di cui 30 abbattuti o persi in incidenti, che effettuarono circa 51 incursioni sull’Inghilterra sganciando più di 5000 bombe e uccidendo 557 persone.


martedì 27 dicembre 2022

La ragazza dal vestito blu di Alena Schröder

«La ricerca emozionante di un dipinto che è al tempo stesso la ricerca di se stessi.»
– Der Freitag –

Berlino, 2017. La ventisettenne Hannah sta finendo il dottorato all’università, ma ha la sensazione che la sua vera vita non sia ancora iniziata. Sua nonna Evelyn, invece, a quasi cento anni ha condotto un’esistenza piena e non si è mai tirata indietro di fronte al dolore. Una lettera spedita da uno studio legale israeliano, però, cambia tutto. Evelyn sarebbe l’erede di un bene artistico trafugato durante il regime nazista e ora perduto: un quadro di Vermeer raffigurante una ragazza vestita di blu che ammira il crepuscolo alla finestra.
Dopo questa rivelazione, sono tanti gli interrogativi che si affollano nella mente di Hannah, ma la nonna si rifiuta di rispondere. Così, la ragazza inizia una ricerca personale sulle tracce del dipinto, che la condurrà agli anni Venti e alla sua bisnonna Senta, la madre di Evelyn: una giovane donna testarda e intrappolata in un matrimonio senza amore che all’improvviso decide di lasciare tutto, anche sua figlia, per essere libera. Tuttavia, tempi bui sono in arrivo in Germania e in Europa, ed essere liberi richiederà sacrifici ancora più grandi.
Un indimenticabile romanzo della memoria, una meravigliosa saga famigliare tutta al femminile, ispirata alla storia vera dell’autrice.

La ragazza dal vestito blu di Alena Schröder, romanzo pubblicato da Sperling & Kupfer.

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Apprezzo i libri che corrono su due piani temporali, specie se uno dei due parla della seconda guerra mondiale quindi capirete bene che con questo libro io ci sia andata a nozze. 

Hannah ed Evelyn, nipote e nonna, e la storia della loro famiglia, della guerra e del presente in cui entra il passato e la restituzione dei beni requisiti agli ebrei. Un quadro misterioso di uno degli artisti più incredibili del Seicento: ragazza vestita di blu che ammira il crepuscolo alla finestra di Jan Vermeer. Autore di Ragazza col turbante, La lattaia, L’astronomo per citare i più famosi. Si sa che durante la seconda guerra mondiale sono state migliaia le opere d’arte trafugate dai nazisti (si parla di oltre seicentomila), molte di queste non sono mai state ritrovate, la restituzione volontaria dovrebbe essere un dovere morale, ma si sa che l’etica non è uguale per tutti. La ricerca di questo quadro è centrale nella storia e porta a vedere tanti lati di chi ha vissuto quel periodo storico portando a riflettere su come venissero vissute in modi diversi certi fatti storici che per noi restano inspiegabili e condannabili senza se e senza ma. Quando i tedeschi consegnano le schede per catalogare tutti gli oggetti e i mobili posseduti negli appartamenti degli ebrei, ho sentito un piccolo dolore nel cuore, immaginando la pietosa scena che hanno dovuto passare quelle povere persone. Stessa sorte per tutto quello che possedevano nelle botteghe e in questo caso il nonno aveva una galleria di quadri. In questo libro seguiamo la vita di questa famiglia dagli anni 20 al 1950 per poi spostarci al 2017 quando Hannah inizia a farsi domande sul passato della sua famiglia e non trova in Evelyn un riscontro, come se volesse celare dei segreti, che sono troppo difficili da accettare.

Se vi piacciono i libri con una forte componente storica, se amate le storie che parlano di donne, di scelte e di arte, non potete lasciarvi sfuggire La ragazza dal vestito blu di Alena Schröder.


Cenni storici

Beni razziati durante la Shoah, il quadro su restituzioni e risarcimenti

Il Dipartimento di Stato americano ha pubblicato di recente un rapporto che valuta i progressi compiuti da 46 paesi che, siglando la Dichiarazione Terezin, si sono impegnati alla restituzione o il risarcimento per le proprietà illecitamente sequestrate durante la Shoah. Il rapporto di 200 pagine è stato commissionato dal Justice for Uncompensated Survivors Today Act.

Secondo il rapporto, “le comunità ebraiche in tutta Europa continuano a dover affrontare sfide importanti per recuperare o ricevere un risarcimento per le proprietà comunitarie e religiose confiscate, distrutte o nazionalizzate nella Shoah o nell’epoca comunista”. “In Polonia, per esempio, circa la metà delle 5.500 rivendicazioni di proprietà ebraiche presentate in base a una legge di restituzione del 1997 rimangono irrisolte, e circa la metà delle rivendicazioni sono state respinte”.

Rispetto alla situazione italiana, il rapporto ricorda tra l’altro come la cosiddetta Commissione Anselmi nel 2002 pubblicò in merito al tema dei risarcimenti e restituzioni un rapporto i cui “mostrano, in generale, che i beni sono stati restituiti ai sopravvissuti espulsi che hanno presentato richieste di risarcimento, ma i sopravvissuti o gli eredi che non hanno presentato richieste di risarcimento non sono stati rintracciati e risarciti in modo proattivo.

La Commissione ha raccomandato alle autorità italiane di indagare sui beni non reclamati al fine di identificare i superstiti e gli eredi che non hanno presentato domande di indennizzo, e ha evidenziato in particolare la necessità di indagare sui beni non reclamati conservati presso la Cassa Depositi e Prestiti, la banca d’investimento italiana che fornisce servizi di finanziamento per gli investimenti del settore pubblico in Italia. Le istituzioni governative non hanno, nella maggior parte dei casi, dato seguito a queste raccomandazioni”, sottolinea il rapporto, che cita dall’altra parte l’impegno dell’attuale governo a fare passi avanti con la costituzione del “Comitato per il recupero e la restituzione dei beni culturali” che si avvale della collaborazione dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.
Ed anche quando la restituzione avviene si tratta pur sempre di beni svalutati, e di natura patrimoniale, magari ottenuti iussu iudicis , mai del grave danno morale sofferto per un lungo tempo.

Le restituzioni hanno dato adito ad un contenzioso altissimo, nella maggioranza dei casi risoltosi in danno ai perseguitati.

Due sono i più importanti documenti ufficiali sulle restituzioni, entrambi composti ad opera delle Istituzioni: la Relazione conclusiva (Rapporto generale) della Commissione istituita nel 1998
per iniziativa del Presidente del Consiglio Giuliano Amato e presieduta dall’ on. Tina Anselmi.
La Commissione Anselmi fu istituita d’ intesa con l’ Unione delle Comunità israelitiche italiane con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 1° dicembre 1998 con il compito di «ricostruire le vicende che hanno caratterizzato in Italia le attività di acquisizione dei beni di cittadini ebrei da parte di organismi pubblici e privati».

Ovviamente la prima parte della relazione ricostruisce, oltre alla normativa, le diverse attività di persecuzione, corrispondenti a quella che ho definito la prima fase della persecuzione (1938-1945), raccogliendo gli oltre 8.000 decreti di confisca, relativi alla spoliazione dei beni mobili e immobili appartenenti agli ebrei, e poi tutte le vicende che avevano lasciato una traccia storica di limitazione o privazione della proprietà privata; si è dedicata all’analisi dell’attività dell’EGELI, l’ente deputato alla amministrazione dei beni confiscati, ed ha analizzato i provvedimenti di restituzione con i loro effetti parziali.

Il rapporto dedica alcuni capitoli alle restituzioni, che, sostanzialmente, si possono condensare in tre punti: l’operato dell’ EGELI, la sorte dei depositi, dei titoli e degli effetti bancari e la sorte dei rapporti assicurativi che avevano coinvolto singoli ebrei o famiglie ebree.

Essenziale per realizzare i propositi di restituzione avrebbe dovuto essere la nuova attività dell’ EGELI, che si svolse dal 1944 fino al 1967.

Ancor più complicata la restituzione dei beni che l’ EGELI aveva in amministrazione provenienti dalle confische effettuate sotto la Repubblica Sociale Italiana, data la scarsità di documentazione e la scomparsa degli originari titolari, colpiti , anche personalmente, dalla drastica normazione che la RSI aveva introdotto nelle province sotto la sua giurisdizione, in collaborazione con i nazisti.

Il problema più complesso riguarda i beni degli ebrei deportati deceduti senza lasciare eredi.
L’ Unione delle comunità israelitiche aveva richiesto maggiore trasparenza all’ EGELI, anche per agevolare sia gli eredi sia l’acquisizione alle Comunità dei beni privi di titolare, ma queste iniziative ebbero scarso successo: l’opacità della gestione dell’ EGELI, la ritrosia degli Istituti bancari, l’inefficienza degli uffici ministeriali allungavano i tempi di restituzione, anche al fine di far compiere i tempi della prescrizione per poter incamerare i beni confiscati. Dopo inutili insistenze dell’ Unione delle comunità israelitiche, e molte polemiche sfociate anche in Parlamento, l’ EGELI fu soppresso con l. 4 dicembre 1956 n. 1404, e nel 1957 fu posto in liquidazione.

Nel Rapporto Anselmi particolare attenzione è data a due settori nei quali le attività patrimoniali delle famiglie ebraiche si erano concentrate: le banche e le assicura I conti bancari furono in parte regolati, come si è detto, dall’ EGELI tramite gli Istituti bancari , e questi, per converso, restituirono agli eredi che avevano potuto documentare i loro diritti successori i depositi e gli altri investimenti effettuati dai loro congiunti scomparsi a causa della Shoah.

Il fenomeno è assai esteso e coinvolge in particolare gli istituti di credito svizzeri presso i quali gli ebrei italiani in pericolo, già negli anni precedenti la leggi razziali, avevano iniziato ad esportare i loro risparmi per salvaguardare quella parte del patrimonio liquido che poteva essere sottratto ad eventuali congelamenti o confische, provvedimenti che poi effettivamente furono introdotti dalle leggi razziali e dalle spoliazioni. Il tema è spinoso, ed ancora attuale, come riportavano gli organi di stampa di qualche anno fa. Risulta infatti che nelle banche svizzere si registrano migliaia conti di cittadini elvetici e di stranieri non movimentati da oltre settanta anni.
Verso la fine degli anni ’90 le banche elvetiche, grazie all’intervento e alla negoziazione seguita al Congresso Ebraico Mondiale, furono costrette a risarcire gli eredi delle vittime della Shoah con oltre 1 miliardo e 200 milioni di dollari.

Si sa che sotto tortura gli ebrei rinchiusi nei campi di sterminio furono costretti a rivelare gli estremi dei conti bancari nei quali avevano effettuati i loro depositi, in modo da consentire ai nazisti di poter effettuare le loro rapine con la connivenza delle banche.

Nel Rapporto Anselmi il problema è esplicitato in tutte le sue articolazioni: la difficoltà di reperire la documentazione, la capillare distribuzione delle banche su tutto il territorio nazionale (nell’ annuario della Confederazione fascista del settore sono censite per gli anni 1939-1940 ben 2704 banche comprensive delle casse rurali), la prassi di effettuare depositi in libretti postali, il ricorso ai libretti al portatore, lo smarrimento delle chiavi delle cassette di sicurezza, la successione nella proprietà delle banche sono tutti fattori che hanno ostacolato il compimento di una puntuale,
precisa, completa ricognizione del fenomeno, e quindi la restituzione ai titolari.

La Commissione Anselmi tramite l’ ABI aveva preso contatto con le banche italiane, per accertare se negli archivi storici da esse organizzati fossero presenti documenti o notizie riferiti ai depositi inattivi.

I risultati ottenuti accorpando i dati con quelli derivanti dall’archivio storico del Ministero delle Finanze hanno consentito di identificare diverse posizioni presso molteplici istituti bancari, ma la Relazione non riferisce i risultati delle istanze : né se gli eventuali eredi siano stati informati né se gli eredi richiedenti siano stati soddisfatti nelle loro legittime aspettative.

Risultati assai deludenti sono pervenuti invece dalle compagnie di assicurazione.

In parte, per il fatto che all’epoca storica considerata, le compagnie esercitavano il ramo danni, ma in modo assai marginale il ramo vita, in parte per l’assenza di archivi storici, attesa la legittima distruzione della documentazione decorsi i dieci anni dalla accensione della polizza.


RECENTEMENTE…

giugno 2021

La restituzione delle opere trafugate dai nazisti: un tema attuale nella Francia contemporanea

La notizia che per la prima volta sarà una donna a dirigere il Museo del Louvre di Parigi ha fatto il giro del mondo. Laurence des Cars, attualmente direttrice del Musée d’Orsay, guiderà dal primo settembre 2021 un museo che già da secoli segna la storia. Il Louvre aperto 228 anni fa, nel 1793, fu arricchito di opere grazie alle campagne napoleoniche, quando fu compiuta una spoliazione e furono prelevati dipinti, sculture e oggetti d’arte, in particolare dai Paesi Bassi e dall’Italia; la collezione si arricchì notevolmente quando, durante il periodo della Repubblica di Vichy, furono confiscate moltissime opere alle famiglie ebraiche perseguitate. 

Des Cars, nata nel 1966, si occupa da tempo del problema della restituzione delle opere d’arte trafugate dai Nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale, tema di grande attualità nei musei francesi. Proprio nel marzo di quest’anno il Museo d’Orsay ha restituito agli eredi di Nora Stiasny, donna ebrea austriaca deportata e uccisa nel 1942 insieme alla madre, al marito e al figlio, il dipinto Rose sotto gli alberi di Gustav Klimt, realizzato nel 1905 e sottratto nel 1938, con l’Anschluss. Alla morte dell’acquirente il dipinto, nel 1966, l’opera fu acquistata dalle Galerie Peter Nathan di Zurigo e quattordici anni dopo, nel 1980, fu comprata dal Museo d’Orsay. Per rintracciare gli eredi di Stiasny, oltre al lavoro del Museo d’Orsay, è stato utile l’intervento del Museo del Belvedere di Vienna: la ricerca è durata due anni e le maggiori difficoltà sono state trovate, perché i nazisti distrussero molti documenti a riguardo; probabilmente, anche la famiglia della proprietaria non possedeva memoria né informazioni in merito al possesso dell’opera.

Questo non è l’unico caso del genere in Francia, i cui musei conservano ancora numerose opere rubate dai nazisti, in parte recuperate dalla Germania e dall’Austria e non ancora riconsegnate a chi le possedeva: per questa ragione, nel 1999 fu istituita la Commission d’indemnisation des victimes de spoliations (CIVS), che si sarebbe occupata di ricercare questi proprietari.

L’obiettivo della nuova direttrice è in linea con una delle mission del Louvre degli ultimi anni: alla conclusione del 2017, il famoso museo parigino ha aperto due sale, situate al secondo piano dell’ala Richelieu, con un totale di trentuno dipinti, tutti trafugati a famiglie di origini ebraiche durante il secondo conflitto mondiale, precisamente tra il 1940 e il 1945. Le opere sono corredate sia dalla sigla MNR (“Musei nazionali recupero”), sia da un testo che si concentra sulla loro provenienza e sull’importanza della restituzione agli eredi dei legittimi proprietari. 

Nel febbraio 2018, viene restituito il dipinto Trittico della crocifissione, attribuito al fiammingo Joachim Patinir, agli eredi di Hertha e Henry Bromberg, che furono costretti a vendere la collezione quando dovettero pagare un viaggio per fuggire dalla Germania nazista verso la Svizzera e poi ancora verso gli Stati Uniti, tra 1938 e 1939. 

Le difficoltà nel tracciare la provenienza delle opere d’arte, soprattutto in un periodo come quello della Shoah, in cui i proprietari emigrarono o purtroppo non sopravvissero, rendono necessario un lavoro di ricerca di documenti, di ricostruzione del percorso di queste opere negli anni. Per questo motivo, il Ministero della Cultura francese ha istituito nel 2019 un ente che si dedicasse a questi studi e proprio i Musei d’Orsay e dell’Orangerie hanno cercato di lavorare in tale direzione. In relazione a questo, alla fine del 2019, il Museo del Louvre ha assunto Emmanuelle Polack, una figura di esperto d’arte che si occupasse del mercato artistico francese durante l’occupazione tedesca, per individuare le acquisizioni perpetrate alle vittime della Shoah, durante la prima metà degli anni Quaranta del secolo scorso.

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giovedì 22 dicembre 2022

Il covid ha cambiato tante cose

"Chiusi per recita scolastica", il cartello sulla vetrina della libreria a Napoli. I negozianti «Non rinunciate mai a questi momenti per lavoro»

La foto del messaggio, postata sui social, ha superato i 150 mila like, inondata di commenti di stima

Napoli, negozianti chiudono l'attività per la recita dei figli: «Questi giorni non torneranno. Non rinunciateci per lavoro»

«Chiusi per recita scolastica... Questi giorni non torneranno e noi non possiamo perderli».

Dopo il Covid abbiamo capito una cosa, quasi tutti.

Che dedichiamo troppo poco tempo alla famiglia e troppo al lavoro. 

E quindi ci sono messaggi come questi, che ci ricordano quanto l'amore e i sentimenti e la famiglia hanno bisogno di più del nostro tempo e della nostra attenzione.

 

 

giovedì 1 dicembre 2022

Gazzola - La ragazza del collegio

Continuano le letture...

Premetto che della Gazzola ho letto un solo libro che tra l’altro mi è piaciuto tantissimo, “Un tè a Chaverton House”. Quindi quando mi è capitato questo tra le mani, ho detto, perché no. Ho capito che è praticamente l’ultimo libro di una serie che parla dell’Allieva, e quindi ho saltato tutta la prima parte della storia, da cui comunque si capisce qualcosa leggendo il testo presente. Ho faticato un pochino ma tutto sommato mi sono divertita e malgrado la leggerezza, di sottofondo è un giallo.

Trama: Alice e Claudio sono tornati da Washington (e intanto mi sono persa che erano partiti). Per Claudio è l'occasione della vita: la Wally sta per andare in pensione e la corsa alla successione in qualità di direttore dell'istituto sembra aperta e lui appare come la persona ideale per assurgere al ruolo di nuovo «Supremo» dell'istituto. Intanto Alice – ora medico legale praticante a tutti gli effetti – si trova coinvolta non in uno ma in ben due casi che presto si dimostrano in grado di mettere alla prova il suo ben noto fiuto investigativo. Da un lato, l'incidente stradale in cui è vittima una giovane studentessa di un prestigioso collegio e dall'altro, un bambino smarrito che non parla e di cui non si sa nulla. Da qui partono le ipotesi investigative e i fatti che portano alla soluzione dei due casi, guarda caso collegati… non faccio spoiler, ma lo consiglio.