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venerdì 21 febbraio 2014

MONUMENTS MEN



 









Film da vedere assolutamente. Bellissimo.
Li chiamavano "Monuments Men". Erano soldati, tanto coraggiosi quanto improbabili. Un esiguo plotone di topi di biblioteca, colti e appassionati, arruolati nell'esercito alleato durante il secondo conflitto mondiale e spediti nell'Europa in fiamme con una missione precisa: salvare i capolavori dell'arte. Mentre Hitler invadeva un Paese dopo l'altro, infatti, le sue armate si impadronivano di sculture e dipinti secondo un piano





sistematico per concentrare le opere più importanti nelle mani dei tedeschi.(*) Fu così che intellettuali, artisti, direttori e conservatori di musei - su mandato di Roosevelt - si trovarono a lottare per impedire il più grande furto artistico della Storia. Il loro compito era inizialmente quello di limitare i danni dovuti ai combattimenti, ma in seguito la missione si concentrò sulla localizzazione dei beni trafugati. Pochi, isolati, e senza disponibilità di uomini e mezzi, ingaggiarono la loro speciale battaglia contro il Führer. In una gara contro il tempo, irta di ostacoli, raccontata con il ritmo di un thriller, ciascuno di loro dovette ricorrere a ogni possibile stratagemma per salvare chiese e monumenti dalla distruzione, riportare alla luce collezioni inestimabili sepolte nelle viscere della terra, seguire per tutto il continente le tracce di opere uniche al mondo. Aiutati da collaboratori altrettanto oscuri e determinati - come Rose Valland, impiegata francese che corse enormi pericoli; parroci, archivisti e semplici cultori.
Quasi 19.000 opere furono rinvenute nelle miniere di sale di Heilbronn e altrettante nel Castello di Neuschwansterin ma molte altre furono perdute per un ordine di Hitler che fece bruciare migliaia di quadri nella ritirata nazista verso Berlino.


* Einsatzstab Reichsleiter Rosenberg (ERR) era il nome della speciale task-force istituita da Alfred Rosernberg, tra i massimi ideologi del Nazismo e uno degli uomini più vicini ad Adolf Hitler. L’ERR aveva il compito di impadronirsi delle opere d’arte e degli oggetti di interesse culturale nei paesi occupati dal Terzo Reich tra i saccheggi più famosi, quello delle collezioni private appartenenti a moltissime famiglie ebree di Francia e Belgio.


lunedì 17 febbraio 2014

UNA STORIA AMERICANA Fotografie di Gordon Parks







A palazzo Incontro una bellissima mostra fotografica di Gordon Parks, un narratore unico dell’America, in grado con il suo apparecchio fotografico di comprendere e scavare dentro le pieghe della società, rivelare le ingiustizie e i soprusi, portare alla luce la storia di chi non aveva voce per gridare la propria storia. Fu tra i fotografi più importanti del ventesimo secolo, dagli anni Quaranta fino alla sua morte, nel 2006, raccontando al mondo, soprattutto attraverso le pagine della rivista Life, la difficoltà di esser nero in un mondo di bianchi, la segregazione, la povertà, i pregiudizi, ma anche i grandi interpreti del ventesimo secolo, il mondo della moda e perfino le grandi personalità del mondo in pieno cambiamento, come Malcom X, Muhammed Ali e Martin Luther King.
In tutta la sua carriera, Gordon Parks ha cercato di raccontare molte storie, illustrandole con immagini esemplari. Storie di gruppi di persone che lottano per sopravvivere, piccole comunità lontane dal mondo, personaggi alla deriva o già sotto i riflettori che però devono essere compresi meglio di quanto non accada. Vere o verosimili, nate dai drammi profondi, vissute sulla sua stessa pelle di ex ragazzo nero condannato a morire prima di nascere o costruite nell’alchimia della pura finzione, le storie di Gordon Parks sono tutte autenticamente sentite, tutte raccontate come visioni genuine e nate dalla volontà di incidere sulla realtà, affermando attraverso il racconto per immagini la propria opinione e la necessità di gridarla forte al mondo.

Bellissime foto in bianco e nero che ti emozionano dentro.






















Questa mostra mi riporta al recente film che ho visto al cinema sulla storia dei neri d'america, tramite la storia di un cameriere

nero che ha lavorato alla Casa Bianca. The Butler è un film che consiglio caldamente anche perchè è pieno di filmati originali dell'epoca che raccontano tra l'altro la storia delle "pantere nere" e dei "Freedom riders".
I Freedom Riders, che dall’inizio di maggio hanno iniziato una forma di protesta che consiste nel viaggiare a bordo di autobus delle linee Greyhound, insieme bianchi e neri, attraverso diversi stati del Sud degli Stati Uniti, contravvenendo alle leggi di questi stati che richiedevano una netta separazione tra bianchi e neri a bordo degli autobus
L’iniziativa dei Freedom Riders era partita da una sentenza della Corte Suprema che l’anno prima aveva dichiarato illegali i provvedimenti di segregazione razziale, in vigore in diversi stati del Sud, che imponevano la netta separazione tra bianchi e neri nei ristoranti, nelle sale d’attesa delle stazioni degli autobus e sugli stessi autobus nei viaggi tra stati diversi.
Tale sentenza entrava in contrasto con le leggi di Jim Crow, risalenti al 1876, che imponevano la segregazione ed erano tuttora in vigore negli stati del Sud.




Per testare la validità della sentenza della Corte Suprema, i Freedom Riders dal 4 maggio avevano iniziato una serie di viaggi in autobus, attraversando Virginia, le due Caroline, Georgia, Tennesee, Alabama, Mississippi e Louisiana, con promiscuità a bordo di bianchi e neri subendo violenze di vario genere (veicoli bersagliati con pietre e mattoni, taglio di pneumatici, incendio di veicoli).
Il 14 maggio, poco fuori Anniston, in Alabama, l’autobus viene bruciato. Al loro arrivo a Birmingham i Riders vengono accolti da un tumulto di bianchi. In seguito vengono arrestati a Jackson, in Mississippi, e passano dai quaranta ai sessanta giorni nel penitenziario di Parchman.



mercoledì 5 febbraio 2014

IN DARKNESS



Leopold Socha facendosi ‘giusto’ tra i giusti viene ricordato dal regista  Agnieszka Holland che con il suo film compie un atto memoriale che non dimentica che la Storia è in primo luogo quello che gli uomini hanno fatto.
E’ l’ennesimo film sul nazismo e gli ebrei ma ieri sera devo ammettere che mi ci è voluto per mandarlo giù. A tratti è stato troppo insopportabile e ogni volta è una ferita in cui esce sangue.
Non riesco a capacitarmi del dolore che mi provoca questo argomento e non faccio che pensare che forse la mia anima se reincarnata non è proprio stata estranea a tutto questo. Ogni cosa che riguarda questo argomento mi tocca profondamente e non riesco a dimenticare una vecchietta ricoverata in un ospedale romano con il braccio tatuato con il numero dei campi di concentramento. Mi ha salutata con tanto affetto e mi ha chiesto come stavamo i miei figli. Io non riuscivo a rispondere e lei mi diceva che purtroppo suo figlio era stato ucciso. Questa esperienza mi ha scosso molto perché lei era sicura di riconoscere in me qualcuno del suo passato, che mi sono guardata bene dal negare.
Questa a grandi linee la trama del film:
Leopold Socha, ispettore fognario nella Leopoli occupata del ’43, ha una moglie e una bambina a cui garantire un piatto caldo e un futuro. Scaltro e intraprendente, ruba nelle case dei ricchi e non ha scrupoli con quelle degli ebrei, costretti nel ghetto e poi falciati dalla follia omicida dei nazisti. Avvicinato da un vecchio compagno di cella, l’ufficiale ucraino Bortnik, gli viene promessa una lauta ricompensa se troverà e denuncerà alla Gestapo gli ebrei sfuggiti ai rastrellamenti. Nascosti undici di loro in un settore angusto delle fognature, in cambio di cibo e silenzio, Leopold ricava profitto e benessere. Un benessere vile come la sua condotta. Ma il tempo della guerra e della sopraffazione, ammorbidisce il suo cuore e lo mette al servizio del prossimo. Tra aguzzini famelici, perlustrazioni, fame, buio, bombardamenti e alluvioni, Leopold riuscirà a salvare uomini, donne e bambini conducendoli fuori dalle tenebre verso la luce.
Il film di Agnieszka Holland indaga il comportamento umano in situazioni limite, sprofondando letteralmente personaggi e spettatori nelle tenebre, la regista polacca produce un cinema che mentre rievoca la Storia si pone in lotta contro il torpore, descrivendo le tappe e i passaggi di una presa di coscienza individuale dentro un tempo segnato da sentimenti di insicurezza e da uno stato di pericolo permanente.
In Darkness, trasposizione del romanzo “Nelle fogne di Lvov” di Robert Marshall, è dedicato a Marek Edelman, vice comandante della rivolta del ghetto di Varsavia e leader del Bund, il movimento operaio ebraico che lottava per l’autonomia culturale.
L’underground narrato dalla Holland assume un valore universale e la dimensione di una parabola, per nulla buonista, in cui un uomo si consegna alla propria rinascita affrontando il rischio della morte. L’autrice restituisce con sensibilità e nessun sentimentalismo l’ambivalenza della doppia logica alla quale l’occupazione nazista ha condannato il protagonista, appeso tra una tormentata ribellione e una speranza di redenzione.