Prendo spunto da questo articolo che ho copiato perchè in questi ultimi anni me lo sono domandato spesso ... "perchè non ci ribelliamo???"
Non è solo la raccolta. A Roma sono spariti gli spazzini con la differenziata e ormai i marciapiedi e i bordi strada sono una lunghissima coda di mondezza che ti accompagna nel tragitto quotidiano.
E' qualcosa che ti entra sottopelle e ti cambia piano piano, finisci per stare male all'inizio ma poi ti abitui e non sei più in grado di ricordare come era prima, accettando il presente.
I parchi pubblici sono luridi, mondezza ovunque e nei cestini non ne parliamo.
Sembra una città abbandonata a se stessa e imbruttita, o meglio, una città sporca nella più completa indifferenza. Non è questo che voglio lasciare e combatto ogni giorno, nel mio piccolo. Raccolgo o segnalo... ma la situazione è sempre peggio. Vi giuro che è logorante
fermata bus quartiere San Lorenzo - non ci sono secchi o altro e non passano mai a pulire da mesi
questa è la differenziata a Roma
_______Sindaco Virginia Raggi,
nonostante abbia fatto tanto per la nostra città devo dirle che
purtoppo forse la cosa più importante non è stata fatta, dare un
decoro ai nostri quartieri. Probabilmente lo sa già, ma provi a fare un
giro e vedrà che viviamo in condizioni inaccettabili, le strade sono
giungle con erba alta due metri e piante infestanti ovunque, gli aberi
non vengono potati, ci sono rifiuti ovunque perché gli spazzini non
esistono, la spazzatura non viene raccolta o raccolta male lasciando a
terra ciò che non è conferito nei bidoni. Il degrado porta altro
degrado e la gente si imbarbarisce sempre più vedendo che non c'è cura
per il bene pubblico con il risultato che viviamo in un ambiente
paragonabile al terzo mondo. Tutto ciò non è ammissibile, siamo stanchi
e sconfortati, la prego di intervenire in qualche modo.
messaggio fb su profilo sindaco Raggi
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La vostra Sindaca è fortunata, con la città in quelle condizioni a Parigi avremmo ripristinato la ghigliottina.
Perché dunque i romani baccagliano e bofonchiano ma, salvo sporadici
casi, non reagiscono restando inerti con le mani in mano o, al massimo,
su una tastiera? La risposta va cercata nella storia.
Roma è stata flagellata nel corso dei secoli da dozzine di alluvioni
catastrofici, incendi, terremoti, pestilenze e, soprattutto, da attacchi
di eserciti nemici: galli, visigoti, normanni, mercenari al soldo del
Sacro Romano Impero, “liberatori” francesi ed occupanti tedeschi.
Se fosse possibile identificare nel Dna il cromosoma caratteriale che
accomuna geneticamente i romani, si scoprirebbe che è il frutto del
vivere da millenni in una realtà complessa e piena di avversità. Ormai
hanno sviluppato “le spalle grosse”, sono tolleranti e capaci di
sopportare le sofferenze. Siano queste imposte da invasori o da chi
governa malamente la città.
Inoltre, il romano tipo è notoriamente “comodoso”. Sempre pronto ad
imbracciare metaforicamente il fucile per poi mandare gli altri a
combattere, perché lui “purtroppo” ha altro da fare. Una caratteristica
che, vista con gli occhi degli iper-reattivi stranieri, ci fa apparire
come se vivessimo immersi in una comoda bolla. Così, alla luce della
catastrofica situazione in cui versa Roma, i nostri atteggiamenti fin
troppo pacati verso chi governa la città gli appaiono rasentare l'omertà
o l’ignavia.
Eppure noi non siamo così, nei secoli abbiamo sempre dimostrato di
essere dotati di un feroce coraggio, di brio e vitalità. È vero, alla
lotta in mezzo alle strade preferiamo le pasquinate. Siamo maestri con
l’arma dell’umorismo un po' cinico. Ricordatevi, ad esempio, quando gli
islamisti dell'Isis annunciarono la loro intenzione di invadere
l’infedele città del Papa.
I romani risposero postando su Twitter immagini di ingorghi stradali
per mettere in guardia i miliziani dal traffico, oppure dicendogli:
«Fatece sape’ a che ora arivate e quanti siete, che così buttamo a
pasta».
Ora, però, è giunto il momento di reagire in modo diverso e più
efficace per uscire dal baratro, utilizzando un’arma formidabile: il
voto. Il nemico da stanare e sconfiggere senza pietà è l’astensione,
perché come afferma un detto sacrosanto: «Chi non fa politica, la
subisce». Ovvero, una volta chiuse le urne chi è rimasto inerte potrà
solo abbaiare alla luna ed essere succube delle decisioni altrui.
Impegnarsi in prima persona per cambiare sul serio ed affermare le
proprie idee migliorative, qualunque esse siano, è un dovere anche verso
i nostri figli che ci hanno dato in prestito la Roma in cui vivranno in
futuro.
La storia ci insegna che i romani si sono continuamente scrollati di
dosso le catastrofi per ricostruire da zero la città, aggiungendo via
via una nuova generazione di opere e monumenti. Facciamo in modo che
stavolta, dopo cinque anni sciagurati, nel futuro di Roma non vi siano
altre piste ciclabili temporanee, macchinette mangia plastica o fumetti
con la Sindaca protagonista, ma nuove infrastrutture e più spazio per
arte e cultura. Diversamente sarà meglio richiamare i Visigoti, che
faranno di sicuro meno danni.