Mi imbatto su una rivista in un articolo che mi pone la bambola di Barbie in una prospettiva che non avevo mai considerato.
Per me bambina e nei miei ricordi, la Barbie è stata semplicemente una bellissima bambola bionda e con gli occhi azzurri a cui potevo cambiare anche i vestiti, spesso cuciti da mia mamma. Nessuna sega mentale, nessuna imitazione, semmai ammirazione e un po’ di invidia, soprattutto quando poi arrivo’ anche la casa di Barbie che io non ebbi mai.
Comunque tornando sull’articolo, una scrittrice si chiede se davvero la bionda di plastica non abbia fatto seri danni alle menti delle bambine???!! Le proporzioni corporee irrealistiche delle Barbie hanno causato complessi sul proprio corpo. Davvero le bambine sono state traumatizzate dalle sue proporzioni?? Mah, io non ho avuto mai questa percezione. Ma sono degli anni ‘60 e quindi forse è un problema che si è rivelato dopo, tanto che la Mattel ha dovuto cambiare le proporzioni fisiche della famosa bambola, facendola più morbida.
Body positivity, si dice adesso.
Ma sarà che sto cazzo di politically correct stà a rovina
pure le bambole e le bambine?!!
Tutto omologato e guai a non
traumatizzare!! Boh. Sarò io, ma questa cosa non finirà bene.
Me lo sento.
In una era di influencer su Instagram e in tutto il mondo on line, la Barbie è il mostro da combattere.
Non sarà che noi bambine eravamo più felici nella semplicità del gioco senza queste stronzate.
Aspetterò con ansia il prossimo anno con l’uscita del film e
finalmente potrò farmi traumatizzare da una Barbie in carne e ossa…
macchina rosa compresa.
Che poi sul politically correct due cosette le vorrei dire. Mi
è capitato un fatto che ha lasciato una bella scia di sangue nel mio
cuore, dolore e delusione. Tre anni fa circa, quando si andava tutti
al cinema, nei posti davanti a me, quattro ragazzi cominciano a
giocare con i pop-corn. Cestelli da 15 euro che volavano e spargevano
pop-corn sui sedili e per terra. Mi guardo nei posti vicini per
vedere reazioni o reazioni. Tutti zitti. Alieni mi dico io. In
pratica sono l’unica ad essere intervenuta, sgridando queste due
coppie di ragazzi che si sono messi a ridere e si sono spostati in
fondo alla sala, prendendomi in giro. Non c’è stato nessuno che è
intervenuto in mia difesa e quando sono entrati i ragazzi di sala li
ho denunciati e fatti chiamare dal direttore. Il silenzio della sala
mi ha fatto un male pazzesco e tutt’oggi ci penso. Soprattutto
penso che non siamo più partigiani. Subiamo tutto con la paura e non
si reagisce più. Il 25 aprile non possiamo più festeggiarlo, perché
noi ai partigiani non siamo degni nemmeno di allacciargli le scarpe.
Elisa