I geni del cerimoniale che hanno inscatolato quattro statue
peraltro velate del museo Capitolino nel timore che, vedendole, il
presidente iraniano Rohani avesse uno sgomento ormonale e stracciasse i
contratti con le nostre aziende sono i degni eredi di un certo modo di
essere italiani: senza dignità. Quella vocazione a trattare l’ospite
come se fosse un padrone. A fare i tedeschi con i tedeschi, gli iraniani
con gli iraniani e gli esquimesi con gli esquimesi. A chiamare
«rispetto» la smania tipica dei servi di compiacere chi li spaventa e si
accingono a fregare. Su questa tradizione millenaria, figlia di mille
invasioni e battaglie perdute anche con la propria coscienza, si innesta
il tema modernissimo del comportamento asimmetrico con gli Stati
musulmani. Se un’italiana va in Iran, si copre giustamente la testa. Se
un iraniano viene in Italia, gli copriamo ingiustamente le statue. In un
modo o nell’altro - in un mondo e nell’altro - a coprirci siamo sempre
noi. E la suscettibilità da non urtare è sempre la loro. Ma se la
presenza di donne sigillate da capo a piedi su un vialone di Baghdad
urtasse la mia, di suscettibilità? Non credo che, per rispetto nei miei
confronti, gli ayatollah consentirebbero loro di mettersi la minigonna.
(La Venere capitolina, a sinistra coperta con dei pannelli per la visita di Rohani)
Sarei curioso di sapere come funziona la sensibilità a corrente
alternata del signor Rohani (le tette di marmo lo sconvolgono e i gay
condannati a morte nel suo Paese no?) e di sentire cosa penserebbe mia
nonna di questa ennesima arlecchinata italica: quando ero bambino mi
insegnò che il primo modo di rispettare gli altri è non mancare di
rispetto a se stessi.
Massimo Gramellini
Se insegnamo agli uomini del futuro che il rispetto passa nel rinnegare la propria cultura e conoscenza che è invece da proteggere e difendere con tutte le aperture del caso... rinneghiamo il significato stesso della parola RISPETTO verso chi arriva e deve adeguarsi nel rispetto appunto dell'essere ospite