In ufficio abbiamo creato un piccolo spazio dove lasciare i libri da leggere o prederli per una lettura...
Ci passo spesso davanti e non sempre ho il tempo di fermarmi, ma due giorni fa nel risistemare i libri che erano in disordine, mi è capitato tra le mani questo piccolo libro e l'ho letto con infinito piacere. Non conoscevo questo scrittore, Eugenio Carli, e mi è piaciuta molto la sua forma espressiva.
Un
piccolo albergo, sei stanze, sei misteri e la Normandia: questi gli
ingredienti de L'Albergo di Vincent.
Su
una collina di Deauville, una cittadina battuta dal vento e lambita dal
mare, si erge il piccolo albergo di Vincent. Sei stanze soltanto, la
maggior parte delle quali occupata da ospiti fissi, clienti che affidano
al perimetro della loro camera vicissitudini, attese, assenze.Ogni porta cela dietro sé innumerevoli
storie, anime alla deriva tra i cadaveri degli Alleati. Ci può essere
qualcosa nella morte che richiama altra morte? È possibile che una
maledizione penetri le pareti del tranquillo albergo per mano di
un'elegante donna americana? Che un fine settimana si tinga
improvvisamente di sfumature inattese?
Secondo libro preso è di Vargas, una scrittrice che non avevo mai letto e che mi ha letteralmente stregato.
Un luogo incerto è un romanzo poliziesco, il sesto con protagonista il commissario
Adamsberg e i suoi uomini del commissariato del XIII arrondissement di
Parigi.
Già dalle prime pagine la scrittura piacevole e scorrevole ma intrigante mi ha portato dentro il libro con una serie di nuove piste e contorni psico-emotivi da fascino noir.
E' un giallo che ti incatena fino all'ultima pagina e non c'è niente da fare, nemmeno ti fa intuire fino all'ultimo il colpevole. Di solito io a metà libro intuisco già l'assassino e quasi sempre ci azzecco. Ma con lei non c'è niente da fare.
Credo che in biblioteca cercherò anche gli altri che parlano di questo commissario, di cui confesso, mi sono un poco innamorata.
Piccoli gioielli trovati per caso o forse come dico sempre, sono stati loro a trovare me.
mercoledì 17 ottobre 2018
venerdì 5 ottobre 2018
La Reggia di Caserta e le sirene


Il ruolo di queste creature era legato all’Ade perchè, con i loro canti melodiosi, rinfrancavano le anime che si accingevano ad entrare nell’Aldilà. Molto probabilmente il mito s’era sviluppato attorno ai gridi di colonie di gabbiani che, alla distanza, sembravano canti di donna, all’interno dei quali era possibile immaginare qualche parola. I naviganti che si fossero fatti ammaliare da questi melodiosi fraseggi, avrebbero diretto la prua verso le sirene, naufragando su scogli poco evidenti dalla nave.
Nel Medioevo cristiano, probabilmente in seguito alla fusione di queste figure con miti analoghi provenienti dai mari dell’Europa settentrionale, le sirene non vennero rappresentate più con le ali e le zampe d’uccello, ma con la coda di pesce. Questo mutamento iconografico si impose quasi certamente per differenziare creature mostruose dagli angeli che, a partire dal III secolo, furono rappresentati nella forma che ben conosciamo.
Le sirene pisciformi furono scolpite nelle chiese romaniche, imprigionate dalla costruzione stessa, in molti casi costrette a sostenere, come capitelli, gli edifici. La pulsione primitiva veniva così catturata dalla pietra divina e finalizzata al bene. La più ampia raffigurazione di sirene, nella pittura, si attesta però nel XIX secolo quando rappresentarono inequivocabilmente la donna fatale, irresistibile, che porta l’uomo a certa rovina.


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