Regalo di Natale da poco finito
di leggere. Un bel libro, in un bel formato piccolo, che si legge e si sfoglia
con vero piacere, oltre alle ricette che non guastano.
Cucinare fa bene al corpo e all’anima. E fino a
qui non ci sono santi.
Ma cosa dire dell’idea che non mi è mai balenata di usarla come cura? Forse se avessi cucinato di più e impastato, manipolando gli ingredienti e ripetendo un atto antico di tutte le donne che cucinano e hanno cucinato, mi sarei evitata gli psicofarmaci, chissà. Vero è che cucinare è un atto d’amore verso gli altri ma anche verso se stessi. In tavola non si porta solo il cibo… In cucina mettiamo in gioco noi stessi, i nostri gusti e il nostro estro oltre al piacere di poter poi condividere. E tramite la cucina proviamo anche sapori e piatti di altre culture, curiosando qua e la. Diciamo un atto di pace che abbatte tutte le barriere culturali.
Ma cosa dire dell’idea che non mi è mai balenata di usarla come cura? Forse se avessi cucinato di più e impastato, manipolando gli ingredienti e ripetendo un atto antico di tutte le donne che cucinano e hanno cucinato, mi sarei evitata gli psicofarmaci, chissà. Vero è che cucinare è un atto d’amore verso gli altri ma anche verso se stessi. In tavola non si porta solo il cibo… In cucina mettiamo in gioco noi stessi, i nostri gusti e il nostro estro oltre al piacere di poter poi condividere. E tramite la cucina proviamo anche sapori e piatti di altre culture, curiosando qua e la. Diciamo un atto di pace che abbatte tutte le barriere culturali.
Recentemente, ancor prima di leggere questo libro
in cui c’è un intero capitolo sul cucinare in carcere, mi capitò di assaggiare
dei prodotti di forno venduti al mercato dell’altra economia. Tutto buonissimo.
Fino ai pacchi di Natale del mio ufficio ordinati direttamente al carcere di
Rebibbia. Giuro mai assaggiato un panettone così buono. Su questo libro leggo
infatti che la cucina è usata in carcere non solo per insegnare un mestiere ed
applicare la formula dell’insegnamento professionale che riqualifica e crea
opportunità lavorative nel reinserimento fuori dal carcere, ma crea nicchie di
eccellenza e opportunità. Nei stessi giorni mi capita un articolo sul giornale
in cui pubblicizzavano l’apertura a Torino del primo negozio fino ad ora on
line (http://www.myfreedhome.it/) dei prodotti
venduti nelle carceri da piccoli laboratori e gruppi di detenuti. Dal carcere
femminile di Venezia dove vengono preparati con erbe coltivate nell’orto
biologico della Giudecca i cosmetici “RioTerà dei Pensieri”, al carcere Lorusso
e Cotugno dove si stampano artigianalmente le t-shirt e merchandising. Dal
penitenziario di Verbania dove “la Banda Biscotti” produce dolci artigianali e
con materie prime scelte, senza coloranti e additivi, alle delizie biologiche
della Sicilia prodotte dal carcere di Siracusa…
Che dire, una piacevole lettura. Riflessioni e
anche ricette da provare. Consigliato…
C'è anche la cooperativa Giotto che opera all'interno del carcere Due Palazzi di Padova. La sua pasticceria ed il forno sono eccellenti!
RispondiEliminaBella segnalazione. Grazie
grazie dell'informazione... non ne dubito. E credo che l'elenco sia lungo
EliminaAnche questa è senz'altro una forma di meditazione :-)
RispondiEliminaOgni cosa, ogni attività in cui si immerge completamente, quasi dimentichi di tutto il resto, lo è ;-)
E come vediamo, anche grazie a questo libro, aiuta eccome! :-)
www.wolfghost.com
se avessi avuto una nonna forse mi avrebbe aiutato...
EliminaIo purtroppo non amo molto cucinare. Non sono una cattiva cuoca, ma lo faccio più per dovere che per piacere. Chissà, quando andrò in pensione e avrò un po' più di tempo libero, magari mi piacerà di più.Il fatto è che lavorare, pulire la casa, stirare, cucinare, sono attività che prendono tanto tempo lasciandone ben poco per me. Per quanto riguarda le persone in carcere, credo anch'io che sia una splendida idea. Essere occupati in un'attività creativa e costruttiva è sicuramente un ottimo modo per riabilitarsi.
RispondiEliminaRecentemente ho visualizzato su facebook un cartello delle manifestazioni del '68 "fateci uscire dalle cucine, vogliamo essere libere di lavorare...ecc..." ed è strano perchè l'elemento trasmissione cucina-ricette è un rimpianto della mia vita e invece avrei tanto voluto, soprattutto avrei voluto scegliere e non essere costretta a lavorare per poter vivere. Con un solo stipendio in famiglia non si campa soprattutto con un mutuo e ho perso un'occasione, forse sarei stata una brava casalinga... chissà
Eliminala banda biscotti è tutto un programma :)
RispondiEliminabuon giorno
si e anche il nome dei dolci...
EliminaLettura interessante e anche il capitolo, e le altre informazioni, sulla cucina nelle carceri mi trova d'accordo....forse sono un po di parte, visto che passo molto tempo in cucina, ma sono convinta che la cucinoterapia possa funzionare per noi e per gli altri....come tutte le cose fatte con amore e passione!!!
RispondiEliminaMi sono immersa nella lettura dei libri della saga del Cimitero dei Libri Dimenticati di Zafon sullo sfondo di una Barcellona sempre incantevole, mi piace molto!!!
Baci
l'ho letto... bello
EliminaForse è proprio questo che mi tiene a galla. Amo cucinare anche se le grandi ricette come questa escono solo quando ci sono ospiti e non per il tran-tran quotidiano. Complimenti e buona domenica.
RispondiEliminami piacerebbe tanto cucinare e invitare... purtroppo non lo faccio da anni forse ho perso anche la mano
EliminaCiao cara Elisa, passo per un saluto!!!
RispondiEliminagrazie
RispondiEliminapiace cucinare anche a me ma di più mi piace mangiare
RispondiEliminaal mio paese c'è uno che ha pubblicato un libro in cui si abbina il piatto che si mangia all'erotismo e quindi lui conclude alla felicità
RispondiElimina