Strega, seduttrice, colpevole, assassina: Agnes
Magnúsdóttir è accusata di molte cose. Perché nell'Islanda
dell'Ottocento - immersa nella nebbia come in mille superstizioni - lei,
con la sua bellezza, il suo animo ribelle, la sua intelligenza troppo
vivace, è diversa da tutte. Diversa anche per l'uomo che si è scelta:
Natan Ketilsson, un uomo più vicino ai diavoli dell'inferno che agli
angeli del paradiso, come mormorano nel villaggio, capace di risuscitare
i morti con pozioni a base di erbe conosciute solo da lui. E ora che
Natan è morto, ucciso da diciotto coltellate, il villaggio decide che la
colpevole dell'efferato omicidio non può che essere lei, Agnes. La
donna che lo amava. E mentre, ormai condannata, attende la morte per
decapitazione, Agnes racconta la sua versione della storia alle uniche
persone amiche che il destino le concede nei suoi ultimi giorni: la
moglie del suo carceriere, e un giovane e inesperto confessore. E anche
se la morte sarà la fine inevitabile, per Agnes la vita continua
altrove: nei pensieri, nei sogni, nelle storie che ha letto, e
nell'amore per Natan.
Libro tristissimo e pieno di rabbia per la posizione delle donne in quel periodo storico che a noi oggi da fastidio leggere letteralmente per tutto quello che malgrado tutto nel bene e nel male siamo riuscite a conquistare contro il monopolio degli uomini e dei loro ragionamenti di segregazione e inferiorità verso le donne. Mi sarei evitata tranquillamete di farmi del male e leggere questo libro che sinceramente non consiglio.
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