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giovedì 23 novembre 2023

Donne e ragazze da difendere...

 

Elena Cecchettin, sorella di Giulia, uccisa a coltellate dall’ex ragazzo, ha trasformato un dolore privato in una questione politica. Il governo promette interventi per contrastare la violenza di genere, ma intanto ha tagliato i fondi

È stata Elena Cecchettin, la sorella di Giulia, a sorprendere tutti. Al termine di una fiaccolata, la ragazza di 24 anni, studente universitaria, ha preso la parola e ha fatto una cosa molto complicata: ha trasformato un dolore privato in una questione politica. Si è smarcata dal ruolo della vittima e ha assunto su di sé la responsabilità di un futuro cambiamento.

“Filippo non è un mostro, un mostro è un’eccezione, una persona esterna alla società, una persona della quale la società non deve prendersi la responsabilità. E invece qui la responsabilità c’è”, ha detto con consapevolezza, lasciando tutti senza fiato.

La morte di Giulia Cecchettin, uccisa da una ventina di coltellate dal suo ex ragazzo, Filippo Turetta, è stato l’ennesimo femminicidio dall’inizio dell’anno, ma ha aperto finalmente una breccia di dolore e commozione nell’opinione pubblica. Uno dei motivi, forse il più importante, è stata la voce di Elena Cecchettin, che ha raccontato la violenza e mostrato quello che bisognerebbe sapere: i femminicidi sono la punta dell’iceberg di violenze e sopraffazioni che colpiscono milioni di donne di qualsiasi classe sociale e ovunque nel mondo, che ognuna conosce e teme da quando è nata. 

 

I femminicidi non sono raptus, non succedono all’improvviso, come spiegano da anni le esperte e gli esperti. Sono preceduti da un crescendo di abusi fisici e psicologici, tentativi di manipolazione, ricatti, stalking, gaslighting, comportamenti ossessivi e controllanti che possono andare avanti per mesi o anni, e che sono perlopiù tollerati dalla società.

Come dice Elena Cecchettin, la violenza serve a ristabilire la gerarchia, che qualche donna ha pensato di mettere in discussione, è l’espressione di un sistema di potere millenario in crisi, ma che è ancora ben radicato nei comportamenti quotidiani.

Spesso, infine, le donne e le ragazze che chiedono aiuto non sono credute, i segnali di allarme che lanciano sono trascurati, fino agli esiti più drammatici. “Filippo le chiese di fermarsi con gli esami, è stato il primo campanello d’allarme”, racconta Elena Cecchettin.

Giulia Cecchettin è stata uccisa a pochi giorni dalla discussione della sua laurea in ingegneria biomedica all’università di Padova, un traguardo che era riuscita a raggiungere nonostante i molti problemi familiari causati dalla malattia della madre, morta sei mesi fa. Un obiettivo, quello della laurea, che aveva mandato in crisi Turetta, suo compagno di studi, secondo quanto riferito dai familiari della ragazza. Turetta non voleva che Cecchettin si laureasse prima di lui.

La scrittrice e femminista Lea Melandri nel suo Amore e violenza, il fattore molesto della civiltà (Bollati Boringhieri 2011) sottolinea: “Ci sono parentele insospettabili che molti non riconoscono o che preferiscono ignorare. La più antica e la più duratura è quella che lega l’amore all’odio, la tenerezza alla rabbia, la vita alla morte”.

Si distrugge per conservare, si uccide per quello che uomini e donne sono stati educati a chiamare “amore”, ma che amore non è. “Anziché limitarsi a invocare pene più severe per gli aggressori, forse sarebbe più sensato gettare uno sguardo in quelle zone della vita personale che hanno a che fare con gli affetti più intimi, con tutto ciò che ci è più familiare, ma non per questo più conosciuto. A uccidere, violentare, sottomettere, sono prevalentemente mariti, figli, padri, amanti incapaci di tollerare pareti domestiche troppo o troppo poco protettive, abbracci assillanti o abbandoni che lasciano scoperte fragilità maschili insospettate”, scrive Melandri.

Ma proprio mentre le donne sembrano avere raggiunto livelli inediti e consolidati di autonomia e di partecipazione nello spazio pubblico, si moltiplicano gli omicidi e le violenze contro di loro. Anche chi ha raggiunto livelli più alti di istruzione e finalmente hanno avuto accesso a un’educazione paritaria sembra ancora esposta alla ferocia delle violenza maschile, che vorrebbe riportare tutte indietro a secoli di subalternità e dipendenza.

La storica Vanessa Roghi ricorda che nel saggio Una stanza tutta per sé la scrittrice Virginia Woolf riflette sulla rabbia degli uomini quando scrivono di donne e “arriva alla conclusione che quello che fa una donna che studia, scrive, o semplicemente esprime uno sguardo diverso e autonomo è di togliere all’uomo che le sta accanto lo specchio in cui riflettersi”.

È per questo che spesso proprio le donne più autonome possono essere vittime di violenze efferate: sono i loro “no” a innescare la rabbia, rompendo un patto di sottomissione durato millenni. “Perciò è così importante, per un patriarca il quale deve conquistare, il quale deve governare, la possibilità di sentire che moltissime persone, la metà degli umani, sono per natura inferiori a lui. Anzi deve essere questa una delle fonti principali del suo potere”, scrive Woolf in quello che è considerato un classico del femminismo.

Anche nell’epoca in cui il femminismo è diffuso e molteplice, addirittura mainstream, la violenza non si ferma e tutte le battaglie sembrano per un attimo essere state inutili, davanti a una ragazza di 22 anni uccisa a coltellate. Ma in questo momento di spaesamento appare più nitido il fatto che il cambiamento dev’essere radicale, non ci può essere nessuna gradualità. Non si tratta di emendare o riformare qualcosa, ma di cambiare tutto.

“Il femminicidio non è un delitto passionale, è un delitto di potere. Serve un’educazione sessuale e affettiva capillare, serve insegnare che l’amore non è possesso. Bisogna finanziare i centri antiviolenza e bisogna dare la possibilità di chiedere aiuto a chi ne ha bisogno. Per Giulia non fate un minuto di silenzio, per Giulia bruciate tutto”, ha concluso Elena Cecchettin, citando una poesia diventata virale dell’attivista peruviana Cristina Torres Cáceres. Ma la ragazza è stata sommersa di insulti. 

 

Riporto queste parole e questo articolo perchè racchiude tutto quello che penso  su questa vicenda.
Quando Giulia ha chiesto consiglo alle amiche nessuna ha pensato di dirle vai in un centro antiviolenza e fatti consigliare. Manca la cultura del pericolo. Perchè noi donne tendiamo sempre ad accogliere, giustificare, capire e perdonare.


martedì 14 novembre 2023

Donne che comprano fiori di Vanessa Montfort

 

Nel cuore del barrio de las Letras, il quartiere più bohémien di Madrid, tra stradine pedonali  e piazzette ombreggiate, proprio dove si narra  che abbiano vissuto Cervantes e Lope de Vega,  esiste una piccola oasi verde ricca di fascino  e profumi: il Giardino dell’Angelo, il regno fiorito  di Olivia.
N el suo negozio, all’ombra di un olivo centenario,  si incrociano le vite di cinque donne che comprano fiori. Tutte all’inizio lo fanno per gli altri, mai per sé: Victoria li compra per il suo amante segreto, Casandra per ostentarli in ufficio, Aurora per dipingerli, Gala per donarli alle clienti del suo showroom e l’ultima, Marina, per una persona  che non c’è più…

Dopo la perdita del marito, Marina si sente completamente smarrita e per caso incontra Olivia, accettando di lavorare  nel suo negozio di fiori. Lì conoscerà le altre quattro donne, molto diverse tra loro, ma che, come lei, stanno attraversando un momento cruciale della propria esistenza per motivi lavorativi, sentimentali, familiari o di realizzazione personale.
Un romanzo intenso e pieno di passione...

Ci sono donne che comprano fiori, e altre che non li comprano. Questo è quanto.

Un negozio di fiori nel centro di Madrid.
Cinque donne con tanta voglia di riscatto.

Devo dire che è stata una bella lettura ma posso dire una cosa sembra sembrare un’orsa o una matta, io non le capisco più le donne che si struggono per gli uomini o non sanno vivere senza di loro.

Io ho superato questa fase con molta sofferenza e adesso mi sento finalmente libera e felice. Niente uomini da accudire come amante, fidanzata, mamma, amica o altro. Parassiti che ti prosciugano pretendendo la mia attenzione, senza dare niente in cambio. Sono stata sfortunata forse, ma che bello vivere senza uomini, si stà benissimo e soprattutto non si litiga mai...

Non devo giustificare pensieri e azioni e non devo fare cose controvoglia per pace familiare.

Io non credo che stare in coppia sia la condizione migliore di vita, ma esattamente il contrario.

Amare qualcuno significa soffrire troppo. Amare se stessi significa evitare che ti facciano del male.


Elisa