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giovedì 22 maggio 2014

Un no in amore

noi siamo anime in cammino


Dal blog di Wolfghost:
“Il passato, presente e futuro spesso dipendono da un “no” in amore o, meglio, da come si reagisce ad esso.
Ho sempre trovato, a mente lucida, incredibile, quasi folle, come per molte persone sia difficile accettare un “no” in amore. E’ come se sopraggiungesse un vero e proprio blackout delle facoltà intellettive: non si riesce a prendere quel “no” per quello che è, ovvero un “normale” rifiuto; non possiamo piacere a tutti in fondo, non è vero? Nessuno sarebbe solo al mondo, anzi si creerebbero conflitti parossistici: ad ogni angolo si incontrerebbero persone che si vorrebbero come partner, con buona pace del precedente!
Tutti sappiamo che l’amore, quello vero, se non è un miracolo, è comunque difficile: è tutt’altro che facile “incontrarsi”. Eppure… quel “no” diventa un trauma ed un dramma. Non rappresenta solo, dicevo, un rifiuto normale, che puo’ anche starci in fondo, diventa il metro di una presunta inadeguatezza, come se ci venisse detto “tu non vali niente”, “tu non sei nulla”. Forse si rivive in quel momento la paura dell’abbandono o del rifiuto da parte dei genitori nell’infanzia, paura che più gente di quel che si pensa ha provato: basta l’allontanamento dei genitori, magari semplicemente per motivi di lavoro, per creare nel bambino l’ansia di essere stato da essi (anche da uno solo) abbandonato, di non essere voluto. Il bimbo infatti, fino ad una certa età, non è in grado di capire che il genitore si è allontanato solo momentaneamente e che tornerà; esso puo’ viverlo ogni volta come un abbandono. Pare che la reiterazione di questo “piccolo trauma” possa alla lunga diventare più dannoso di un grande, evidente, trauma.
Quale che sia la ragione scatenante, ecco allora che si inventano le più disparate supposizioni ai motivi di quel “no”, perché l’idea che quella persona semplicemente non ci ama è del tutto – e incomprensibilmente – inaccettabile. Di volta in volta “non sa’ amare”, “ha un blocco”, “ha problemi in famiglia”, “c’è una terza persona”, “è gay”, … Si potrebbe continuare a lungo. Quanto tempo ed energia sprecate per evitare di ammettere che siamo normali esseri umani, che possono essere amati, non amati o amati da chi magari non amiamo noi.
Eppure… quanti “no” in amore abbiamo detto noi? Magari più di quelli ricevuti. Ma non ci fermiamo quasi mai a riflettere sul perché abbiamo detto un “no”: che ragione c’è? Sappiamo benissimo che semplicemente quella persona non “ci prende”. Viceversa, quelli ricevuti… no, quelli devono avere qualche ragione recondita, perché noi meritiamo senz’altro di essere amati, anche da quella persona alla quale evidentemente la cosa non interessa…”
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Mi aggancio a questo post perché stò vivendo in questo momento entrambe le situazioni e quindi mi piacerebbe cercare di trovare i nessi e le ragioni e le motivazioni di tanto dolore. Perché è indubbio che c’è tanto dolore. So che quando si riceve un no, al primo impatto si ha come la sensazione di non respirare, è come se ti crollasse una montagna addosso e non riesci a reagire. La parola “disperazione” campeggia a caratteri cubitali nel cielo o nel soffitto della camera da letto, è la stessa cosa. Ti sembra di non poter vivere senza quella persona e ti chiedi cosa hai sbagliato o come mai non sei riuscito ad essere abbastanza fico per quella persona che era la sola ragione del tuo amore e della tua vita. Come non sentire o non entrare in empatia con tanto affetto e perché gettare tutto questo alle ortiche. Mille domande e mille risposte, magari pure sbagliate. Ma il punto non è questo.
Il punto è che quella persona non ti amava abbastanza da volerti nella sua vita e quindi ha chiuso per non sacrificarsi e non dover subire qualcosa che in difetto e vissuta passivamente a ragione o a torto era una violenza nei suoi confronti e siccome il rispetto deve essere reciproco, non si può costringere una persona ad innamorarsi di te o a volerti nella sua vita.
Questa cosa va accettata perché la vita è così e non fa sconti a nessuno, soprattutto e purtroppo ti fa sempre innamorare della persona sbagliata.
Quando sono stata lasciata e ho vissuto tutto questo non ho mai, dico mai, avuto sentimenti di odio o rancore verso quella persona che in fondo è stata sempre sincera con me e mi aveva detto di non innamorarmi, come mi aveva detto che avrei sofferto perché lui non mi amava abbastanza da voler stare con me. Era solo una storia di sesso anche se poi non capisco come facciano gli uomini a fare sesso e non l’amore, che è il sesso con un sentimento, qualsiasi, ma un sentimento. Sinceramente alla mia età nemmeno lo voglio più capire. E’ così e amen. Non ha mai voluto ferirmi e anzi mi ha lasciato per darmi la possibilità di poter avere altro nella mia vita e di poter essere libera di amare quello giusto. Che fare? Rimanere amici? O non vederci più. Mah… se una persona non la vedi più la dimentichi prima, tanto il dolore stà lì e non va via. Esiste e si moltiplica, a volte si diverte a farti vedere tutto nero eppoi succede che un giorno all’improvviso vedi rosa. Perché anche questo no è servito per amarti di più, per avere più rispetto di te stessa e per capire che non si devono fare colpe a nessuno. Al cuore non si comanda dicono i saggi e i vecchi ed è vero. Non si stà con una persona per pietà, o per amicizia, o per farla felice, perché per primi dobbiamo fare felici noi stessi e dobbiamo rispettare noi stessi e se un sentimento non c’è non c’è, non si può far niente.
Non si prova niente e quella persona non ti manca perché non è la persona che vorresti vicino a te e quindi non è giusto illuderla di avere altro un giorno o di cambiare. La realtà è una bastarda ma almeno ci aiuta ad essere migliori.

Ecco quello che non capisco in tutto questo è la violenza e l’aggressività.
Perché devi riempire l’altro di minacce o di parolacce o di ingiurie, o fargli cattiverie gratuite per dispetto? Nessuno fa le cose per cattiveria o per ferire l’altro. Semplicemente ci si prova e si cerca di fare il meglio, invece la vita ti porta a provare altro e bisogna accettarlo con umiltà, invece che con rabbia.

mercoledì 21 maggio 2014

Favole per l'anima

 Ogni tanto adoro leggere qualcosa di Mauro Corona. E' uno scrittore che mi risana con il mondo della natura. 
Mi sono fatta incantare da questo libro "Storie del bosco antico" ed è una specie di miracolo da adulti entrare in punta di piedi nel mondo delle favole. Perchè le favole possono essere anche per gli adulti. Solo che questi racconti che lui scrive sono lezioni di vita e di rispetto sulla natura e sulle cose e sono così belle da sentire nel cuore ogni singola parola ... 
Sono racconti brevi, ve ne cito uno per farvi capire il genere:
" L'allocco era ed è, l'intellettuale del bosco. Studente modello fin da piccolo, aveva accumulato nel tempo una cultura vastissima... Và da sè che ad uno così tutti rompessero le scatole. Chi gli chiedeva consigli, chi una consulenza, chi dei favori e addirittura alcuni anche dei soldi. Aveva uno sguardo talmente bello, intelligente, profondo e misterioso, tanto da far pensare che potesse fare miracoli. Un asino arrivò a chiedergli se potesse trasformarlo in uomo. "Questo non mi è possibile" rispose l'allocco. Tutti lo tempestavano di domande e di richieste. Alla fine si stancò di tutto questo e chiese rimedio al Signore.
"Ti prego, Signore, fammi diventare rimbambito"
"Guarda la tv e lo diventerai", rispose il Creatore.

"No, con la tv ci vuole un po' di tempo, io vorrei diventarlo subito".
Allora il Signore gli regalò la faccia più idiota e rimbambita sulla Terra. Da quel giorno nessuno disturbò più l'allocco.


Ecco mettere l'effetto della tv dentro una favola del bosco, secondo me è geniale e siccome questo è un libro per bambini mi piace tanto.

giovedì 15 maggio 2014

Lo condivido e quindi lo copio...


Bruci il Colosseo.

Devo dire che mi fa abbastanza ridere, per non dire sganasciare, l’idea di aprire di notte i musei; questo, in un paese che i musei li chiama poli museali, evindentemente non essendo riusciti a trovare un nome più ridicolo; quello che invece mi sta indignando, per non dire scassando il cazzo, è l’ennesima polemica contro i lavoratori scatenata dalla mancata apertura notturna del Colosseo. Forte delle sue opinioni, ha trovato il tempo di esprimersi anche Gramellini, sul quotidiano della famiglia Agnelli; c’è da dire che ce l’ha messa tutta, il nostro giornalista. Ha provato anche la strada dell’ironia; solo che l’ironia prima di tutto devi sapere a chi rivolgerla, e poi devi anche essere capace a farla, e qui mi sembra che il Nostro abbia fatto fetecchia su tutti e due i fronti, e vi dico anche perché.
Prima fetecchia: prendersela con i custodi che non aprono il Colosseo in una notte così importante. Innanzitutto io trovo volgare, non in questo caso, ma in tutti, prendersela con chi lavora: ma mi rendo conto che questa cosa l’hanno insegnata solo a me. I lavoratori del Colosseo sono, come in tutti i poli museali (ma voi lo sentite, che nome di merda?), sotto organico, e la rotazione dei loro turni fa sì che aprire la notte sia troppo faticoso. Ora, qua parliamo di gente che lavora TRENTASEI ore alla settimana per un salario MEDIO di 1200 euro al mese. A Roma, non in un borgo di provincia, e lo vorrei vedere a Gramellini a campare una famiglia con quella cifra per poi venire sfottuto da uno ricco come lui. Ma andiamo avanti. Gramelini li sfotte, dice che il più giovane di loro ha 58 anni, e che dovrebbero essere considerati anche loro, data la vetustà, monumenti nazionali. Ha ha. Buona questa, me sto a scompiscia’. Non è che ce la pigliamo con chi (governi, ministri, sottosegretari) blocca le assunzioni facendo faticare la gente fino alla morte per consunzione, no. Non solo non assumiamo i giovani, sfottiamo i vecchi. Questa, signori miei, è classe.
Seconda fetecchia: il feticcio della gioventù. Dice il Nostro, ma i giovani lo farebbero. E qui, devo dire, ha pienamente ragione. Perché i giovani sono abituati ad essere sfruttati in silenzio, stanno lentamente assimilando l’idea che non sia necessario essere pagati per il proprio lavoro, e che qualsiasi cosa somigli a un diritto debba essere chiamato privilegio, così da poterglielo negare a prescindere. I giovani lo farebbero, ha ragione Gramellini. Perché i giovani so’ stronzi. I giovani che lo farebbero sono nati schiavi. I giovani che lo farebbero sono vittime della retorica (Giovinezza, giovinezza, primavera di bellezza) che hanno inventato i vecchi per tenerli al guinzaglio e farli marciare in fila come la massa di stronzi che non sono altro.
Terza e ultima fetecchia: facciomolo per il MIO bene comune. Sempre stando a quel che dice il Nostro, se si desse in gestione l’italico patrimonio, si potrebbero cavarci fuori dei bei soldini (io Gramellini me lo immagino così, che dice soldini) , e, cito testualmente,   trasformare il monumento più famoso del mondo in una fonte di guadagno che consenta di aumentare gli incassi e, nello scenario più drammatico, addirittura le paghe. Ma certo, come abbiamo fatto a non pensarci prima? Dove, dove avevamo la testa? Non lo sapevamo che più guadagna il padrone, più aumenta le paghe ai salariati? Dico, ma non ci ricordiamo tutti i profitti che ha distruibuito (ma che dico, distribuito: REGALATO!) ai lavoratori la famiglia proprietaria del giornale su cui scrive il Nostro? Come abbiamo fatto a dimenticarci del vecchio ma eterno motto: fatica, fatica, che poi ci esce la bottiglia pure per te?
Per questo si sfottono i lavoratori, per questo si insinua che fare il custode al Colosseo sia un posto di riguardo. Dico, ma ci siete stati mai DUE ore al Colosseo? Migliaia di persone, quando c’è caldo ci sono ottanta gradi, quando fa freddo meno cento, matti che pisciano e alluccano dappertutto, uno smog che ti entra direttamente dal buco del culo e ti si deposita nei polmoni, che alla fine dici mai più. E questo, dopo un giro turistico, figuriamoci dopo un turno di lavoro di qualche ora. Poi, finito di faticare, prendi un autobus, o due, o tre, perché vicino al Colosseo TU lavoratore non ci puoi abitare, ci abita Scajola (o Gramellini, se volesse, il signore gli conservi a lungo queste belle possibilità economiche). Ma l’autobus non passa, perché l’azienda di trasporti è stata devastata dai politici di tutte le razze, e arrivi a casa dopo tre ore, ti butti morto sul divano, non vuoi nemmeno pensare alle bollette che devi pagare domani, perché TU guadagni 1200 euro, accendi la tv e trovi ministri, giornalisti, deputati, intellettuali che accusano TE di mandare in vacca il patrimonio artistico italiano. Accusano TE, che di straordinari avresti guadagnato, AL LORDO, nemmeno quello che basta per pagare un quinto del pieno dell’auto di chi ti sfotte in tv e sui giornali.
E ti immagino mentre spegni la tv, butti il telecomando in faccia al muro e ti addormenti, sognando, magari, che quel cazzo di Colosseo di merda prenda fuoco, una volta per tutte.
Così almeno per due minuti la smetteranno di cacarti il cazzo.

link:http://www.amlo.it/?p=4394

 E questo è il nostro comunicato sindacale, visto che in questo Paese ormai funziona chi urla più forte e arriva prima pure se dice stronzate. Le cose stanno così. Se diminuisci i dipendenti pubblici di fatto non aprono i musei in straordinaria perchè funziona per miracolo l'ordinario e questo vale anche per gli ospedali e gli infermieri o i vigili del fuoco e insomma ci sono riusciti a distruggere il pubblico. Ma LA COSA FICA è che ne danno la colpa agli stessi lavoratori. Quindi se muore una persona al pronto soccorso e ti sei fatto due turni di seguito e sei stanco morto la colpa è tua mica di chi non ti permette di lavorare al tuo meglio!!!! Elisa
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Morituri te salutant: il caso della chiusura del Colosseo

Il capo dell’anfiteatro Flavio, il Ministro Dario Franceschini, ha mostrato all’arena il suo pollice verso: per le lavoratrici e i lavoratori del Colosseo nessuna pietà, che siano sbranati dalle fiere e che i loro resti siano dati in pasto alla folla in delirio. Loro, esclusivamente loro, la colpa di non aver voluto combattere volontariamente  per assicurare lo spettacolo.
Si può ragionare di merito in un clima da…  sangue e arena? Proviamoci lo stesso.
Il Colosseo è il sito maggiormente visitato del Paese con 5 milioni e mezzo di visitatori. Il personale addetto è di 29 unità complessive, di cui solo 14 custodi, con una turnazione continua a scaglioni di 7 addetti per ogni fascia, il minimo richiesto per la sicurezza di un sito aperto 363 giorni l’anno, particolarmente fragile ed esposto a rischi di varia natura e che incassa da solo circa 40 milioni di euro l’anno. Poco in effetti.
La spesa per la manutenzione del sito è stata tagliata del 30%  negli ultimi cinque anni. Il personale, per effetto della  spending review , è diminuito di un terzo e l’età media complessiva è salita a 55 anni. Parliamo di quella spending che fa divieto di programmare qualsivoglia politica occupazionale di investimento nel MIBACT.
Questo lo scenario entro il quale si consumano gli accordi sindacali (che, lo ricorderei al Ministro, vedono due parti contraenti, non una sola). Aprire la sera di sabato con l’ingresso al costo di un euro comporterebbe, a condizioni invariate, un serio rischio per la sicurezza di lavoratori, turisti e del sito stesso. E questo è tanto vero che, per volere dello stesso Ministero, il Colosseo non ha mai aderito alla notte dei musei. In presenza di un flusso presunto di decine di migliaia di visitatori la struttura organizzativa, così come decisa dallo stesso Ministero, non reggerebbe l’ onda d ‘urto.
Questo lo sanno il Ministro Franceschini, il Sovrintendente e, ovviamente, anche le lavoratrici e i lavoratori che, a differenza di quanto detto, hanno a cuore l’ anfiteatro, oltre che ovviamente la propria sicurezza. Ed è proprio per questo che bisogna continuare a ricercare soluzioni concrete, concordate e rispettose della sicurezza e della dignità del lavoro e delle aspettative dei turisti: facciamolo presto e al di fuori delle luci della ribalta, magari immaginando una organizzazione dell’evento che sia compatibile con lo scenario e le risorse date.
Ristabilito un punto di chiarezza sulla vicenda, è bene ricordare al Governo alcuni dati.
Mentre il nostro livello di investimento sul settore si attesta alla ridicola percentuale dello 0,1% del Pil, in dieci anni, dal 2003 al 2013, la spesa del MIBACT è scesa da 2,8 miliardi ad appena 1,6, il personale impiegato dalle 25.000 unità del 2004 alle attuali 18.900. Questo disastro è avvenuto in presenza di un patrimonio di 46.000 beni architettonici e più di 5.000 siti archeologici, a cui dedichiamo talmente tante attenzioni da poter contare su appena 350 archeologi e 280 restauratori (la metà dei quali precari o con contratti atipici, spesso sfruttati ulteriormente grazie al sistema delle gare di appalto al massimo ribasso, sempre sul filo della illegalità).
E, per amore di carità, non approfondiamo ulteriormente tutta la parte legata agli enti locali (titolari della gestione di quasi la metà dei beni immobili archeologici del Paese) ai quali in cinque anni sono stati ridotti i trasferimenti per una cifra spaventosa che supera i 70 miliardi di euro.
Il Ministro Franceschini, allora, si concentri con noi sui problemi veri, magari per risolverli. Perché comincia a diventare veramente insopportabile questo ipocrita scaricabarile sulle lavoratrici e sui lavoratori.
Ps. Il punto 30 delle 44 proposte del Presidente Renzi consuma così il delicato e complicato tema del nostro patrimonio artistico e culturale:  ”accorpamento delle sovrintendenze e gestione manageriale dei poli museali ”. Basta questo secondo voi? NozzeCoiFichiSecchi?

Rossana Dettori Segretaria Generale Fp Cgil

lunedì 5 maggio 2014

La libreria dei nuovi inizi

Cosa succede quando si entra in un libro che ti rapisce completamente?... E' sempre una piccola magia che si ripete e ogni tanto sono felice di trovare libri così.
C’è una vecchia libreria, a Shelter Island, dove ad aggirarsi in cerca di compagnia e buone letture non sono solo gli affezionati clienti. Qui, tra stanze in penombra, riccioli di polvere e parquet scricchiolanti, i libri hanno davvero un’anima e, quasi godessero di vita propria, sanno farsi scegliere dal lettore giusto al momento giusto. In un buon libro c’è tutto: le emozioni, gli incontri e le risposte che possono anche cambiarci la vita.
Questo l'ho sempre pensato e continuerò a pensarlo. Che i libri abbiano un'anima è molto bello da pensare ma se fosse anche possibile parlare con gli autori ormai defunti, è un sogno.
Questo libro ti rimette in pace con la dimensione personale di ognuno di noi, regalando sorrisi, pensieri, odori e sapori e altro ancora.

 La protagonista di questa storia è una ragazza ferita da un amore finito e tradito. Dietro all’invito di zia Ruma ad occuparsi della libreria in sua assenza, ci sarà ben altro ad attenderla. Strani fenomeni all’interno dei vari settori della libreria, continui mormorii di voci lontane, libri che continuano a cadere, porte e finestre che si chiudono e si aprono a loro piacimento.. Questo e molto di più capiterà a Jasmine durante la sua permanenza in questa strana e “unica” libreria.

Concludo dicendo semplicemente che quando sono arrivata a girare l’ultima pagina di questo libro, mi sono sentita felice.