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venerdì 7 febbraio 2020

Un libro che chiude un cerchio iniziato tanti anni fa




Questo libro mi ricorda la mia prima vacanza da sola in montagna. Da poco separata volevo mettermi in prova come persona che aveva sempre fatto tutto a due. Con il treno raggiungo un paesino sperduto tra le montagne, dopo Bolzano, cantone tedesco. Scopro una realtà e un mondo che ignoravo, non solo dal punto di vista storico ma proprio a pelle, nelle sensazioni e nei pensieri. Parlavano tutti tedesco malgrado fosse in Italia e solo con i turisti si sforzavano di parlare italiano. Entrando in un forno ho scoperto i panini che Haidi ha portato alla nonna di ritorno da Francoforte e ho sorriso. Passeggiavo meravigliata in vie pulite e ordinate, case ornate di fiori e alberi, tutto perfetto, tutto così freddo. Era un mondo da me molto lontano e non riuscivo a capire bene cosa avevo intorno e la sensazione di disagio. Poi una visita guidata mi ha fatto capire. Il loro eroe sulla cui tomba portano i turisti è un soldato tedesco, quando parlano delle seconde case, dicono gli italiani hanno questo vizio qui. Eppoi con una sofferenza che ho sentito sanguinare sulla mia ignoranza, il racconto della violenza che hanno subito, dai nomi cambiati delle persone, delle vie e delle cose, al divieto di parlare la loro vera lingua e essere violentati in ogni cosa, in ogni fibra, profondamente, dalla politica fascista. Giuro che mi sono vergognata e sono stata tutto il tempo con un sentimento di scuse che non potevo fare e un senso di colpa che non potevo avere. E’ stato terribile. Bellissimi posti ma praticamente ci odiano. Ancora.

Ecco questo libro mi ha aiutato a capire questa sofferenza, che tanto è rimasta impressa nel mio cuore.


RESTO QUI’

L’acqua ha sommerso ogni cosa: solo la punta del campanile emerge dal lago. Sul fondale si trovano i resti del paese di Curon. Siamo in Sudtirolo, terra di confini e di lacerazioni: un posto in cui nemmeno la lingua materna è qualcosa che ti appartiene fino in fondo. Quando Mussolini mette al bando il tedesco e perfino i nomi sulle lapidi vengono cambiati, allora, per non perdere la propria identità, non resta che provare a raccontare. Arriva la guerra e Hitler autorizza l’arruolamento degli italiani bilingue tedeschi nelle file delle SS. Per molti è una via di fuga dalle ferite mai rimarginate dall’occupazione italiana e la guerra poi busserà alle loro porte, e combattere sarà resistenza. Poi il lungo dopoguerra, che non porta nessuna pace. E cosí, mentre il lettore segue la storia di queste famiglie, all’improvviso si ritrova precipitato a osservare, un giorno dopo l’altro, la costruzione della diga che inonderà le case e le strade, i dolori e le illusioni, la ribellione e la solitudine.

23 luglio 1929

Roma vieta la lingua tedesca nella Provincia di Bolzano

Da Roma viene imposto l'uso della lingua italiana in ogni forma di comunicazione pubblica nella provincia di Bolzano.
Il 28 ottobre 1922 i fascisti marciarono su Roma. Il giorno seguente, il Re trasmise il governo e, di conseguenza, il potere dello Stato al Duce, capo del partito fascista, Benito Mussolini. I fascisti proclamarono, come vessillo di lotta, l’annientamento della minoranza tedesca.
Il loro programma può essere suddiviso in tre punti: snaturalizzazione dei sudtirolesi, massicci insediamenti italiani, allontanamento dei sudtirolesi dalla loro terra.
Con decreto del prefetto fascista, l’insegnamento in lingua tedesca fu proibito e punito.
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3 commenti:

  1. Nei libri ritroviamo sempre pezzi della nostra vita, belli o brutti che siano stati. È il loro lato magico.
    Ciao.

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