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venerdì 2 agosto 2013

Cinema estate...



The impossible


 Cinema a 3 euro, significa anche vedere capolavori che si sono persi, o comunque film che non sono più in sala. E’ con molto piacere che ho visto finalmente “THE IMPOSSIBLE”, il film che parla di quel famoso tsunami del 2004, che difficilmente potremmo dimenticare. Le immagini in tv non sono dimenticabili, nemmeno a distanza di anni. Il film ci immerge nella tragedia con scene davvero molto forti. La normalità di una resort vacanze, le famiglie a cena con i bambini e la mattina dopo la tragedia. Intere famiglie spazzate via o distrutte per sempre dal lutto. Soprattutto tanti bambini rimasti orfani o il contrario. Per gli occidentali che tutto possono e che vivono nella immortalità della tecnologia salvifica è come essere catapultati in un incubo in cui la natura ci rende tutti uguali. Paradisi per le nostre vacanze. Ma nella tragedia la furia ha colpito alla cieca. 12 mila morti. Un mare. Interi pezzi di costa dall'isola di Phuket allo Sri Lanka sono stati cancellati dalla carta geografica, i villaggi turistici demoliti.
Questa ecatombe nel cuore del turismo globale espone una contraddizione stridente. Da un lato con i Boeing 747 e i villaggi Club Med abbiamo cancellato le distanze. Ma nel momento del dramma e del dolore le distanze tornano ad essere enormi: fra il lusso delle infrastrutture turistiche e l'arretratezza delle infrastrutture di sicurezza e prevenzione; fra i soccorsi riservati ai clienti degli alberghi a 5 stelle, e gli aiuti che il resto della popolazione rischia di attendere a lungo.
Gli scienziati statunitensi hanno tentato invano di avvertire i colleghi dell'Asia meridionale che un maremoto stava per investire le loro coste immediatamente dopo il violentissimo sisma. D'altra parte non esiste un sistema istituzionalizzato di allerta nelle zone interessate, perché catastrofi di questa portata si producono circa una volta ogni settecento anni, ha spiegato Charles McCreery, direttore dell'Amministrazione nazionale oceanica e atmosferica a Honolulu. Pochi istanti dopo che gli strumenti avevano registrato la violentissima manifestazione tellurica, McCrery e i suoi collaboratori si sono messi in contatto telefonico con l'Australia, poi con i loro referenti nella Marina militare statunitense, con diverse ambasciate americane e infine al dipartimento di Stato. Ma non sono stati in grado di avvertire i Paesi interessati del pericolo imminente, perchè nessuno di questi Paesi dispone di un sistema istituzionalizzato di allarme. … 

Destino o forse solo la forza della natura che ci ricorda la nostra mortalità.
 
Perché l’uomo è fatto così. Dimentica.


Ho trovato questo bellissimo articolo scritto allora da Galimberti (scusate lo riporto per intero anche se è un po’ lungo).
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IL COMMENTO
La natura inumana
di UMBERTO GALIMBERTI
Abbiamo chiamato "madre" la natura nel tentativo di propiziarcela e abbiamo dimenticato che la natura è semplicemente indifferente alle vicende umane. Come dice il Tao Te Ching al capitolo quinto: "Il cielo e la terra sono inumani: trattano i diecimila esseri come cani di paglia". Ma che ce ne facciamo della sapienza antica noi, uomini della tecnica, che pensiamo, con i nostri dispositivi, di dominare il mondo? Questo delirio di onnipotenza ci rende immemori e ci fa dimenticare che le sorti dell'uomo non sono nelle sue mani e neppure sono protette dallo sguardo benevolo di un Dio, ma custodite nel segreto inaccessibile di una natura che Goethe, in un suo saggio sulla natura del 1783 descrive come una folle danzatrice che nella sua danza sfrenata perde gli uomini che gli sono aggrappati senza fedeltà e senza memoria.

Scrive Goethe: "Natura! Da essa siamo circondati e avvinti, né ci è dato uscirne e penetrarvi più a fondo. Ci rapisce nel vortice della sua danza e si lascia andare con noi, finché siamo stanchi e le cadiamo dalle braccia. Viviamo nel suo seno e le siamo estranei. Costantemente operiamo su di essa e tuttavia non abbiamo alcun potere sulla natura. La vita è la sua invenzione più bella e la morte è il suo artificio per avere molta vita. Non conosce né passato né futuro. Il presente è la sua eternità".

Per reperire un senso e salvarsi dall'indifferenza della natura, l'uomo ha inventato la storia. Prima come scenario di esseri superiori che ha chiamato Dio e dèi, capaci di propiziare la buona stagione, i frutti del raccolto, le condizioni del vivere. Ma anche Dio e gli dèi si sono rivelati impotenti, i sacrifici degli uomini li lasciavano indifferenti.



Fu allora che l'uomo, congedatosi dagli dèi e da Dio, prese a costruire argini e spesse mura e, imitando i processi della natura, tentò di arginare la sua potenza con la tecnica: tecnica medica per evitare, come dice Ippocrate, la morte evitabile, la tecnica ingegneristica per costruire difese che impedissero catastrofi, la tecnica previsionale che allontanasse il più possibile l'inquietudine dell'imprevedibile.

Rassicurato dalla sua mente e dai prodotti della sua mente interrogò Prometeo, che aveva donato la tecnica agli uomini, ponendogli questa domanda: "È più forte la tecnica o la necessità che governa le leggi di natura?". Prometeo, amico degli uomini e inventore delle tecniche, dà la sua risposta lapidaria: "La tecnica è di gran lunga più debole della necessità che governa le leggi della natura". Così riferisce Eschilo nel Prometeo incatenato, e Sofocle, di rincalzo, nell'Antigone dice che l'aratro ferisce la terra, ma questa si ricompone dopo il suo passaggio. Allo stesso modo la nave fende la calma trasognata del mare, ma le acque si ricompongono perché la natura è sovrana.

Noi abbiamo dimenticato la sovranità della natura che, al dire di Eraclito, "nessun uomo e nessun Dio fece" e, inebriati dai nostri dispositivi tecnici, abbiamo dimenticato la sua potenza. Fedeli esecutori del comando biblico che invitava Adamo al dominio della terra, abbiamo trasformato il suo uso in usura. E per il breve periodo delle nostre vite e dei nostri miopi calcoli economici forziamo la natura a essere risposta alle nostre esigenze oltre la giusta misura.

La terra per noi è diventata materia prima e niente di più, il suolo coltre da perforare per estrarre energia dal sottosuolo, la foresta legname da utilizzare, la montagna cava di pietra, il fiume energia da imbrigliare, il mare riserva da esplorare per futuri sfruttamenti, l'aria spazio ove scaricare i veleni rarefatti delle nostre opere.

Non c'è nessun nesso tra l'incedere impetuoso dei nostri dispositivi tecnici e lo sconvolgimento delle acque e delle terre in quell'area del mondo che è stata l'India e l'Indonesia, ma un monito sì. Non dimentichiamo la potenza della natura e non abituiamoci a pensare che essa altro non è che materia prima, o deposito di rifiuti. Il trattato di Kyoto attende ancora molti paesi, tra cui l'Italia, al rispetto della natura.

Migliaia di morti, soprattutto tra i dannati della terra, i più indifesi, semplicemente perché più poveri, perché hanno per casa quattro assi inchiodate e per vivere un dollaro al giorno. Sono sempre i più deboli che la natura elimina seguendo il suo principio della selezione. Ma se oggi la debolezza non è decisa dalla biologia, ma dalla ricchezza e dalla disponibilità economica, che complicità abbiamo con la ferocia della natura?

Queste sono le due domande che il maremoto nel Sudest asiatico ci pone: 1. Che rispetto abbiamo della natura noi, uomini della tecnica che la visualizziamo solo come materia prima?; 2. Che rispetto abbiamo degli altri uomini, e che soccorso diamo a loro noi, ricchi della terra, che ammiriamo la loro natura nel passatempo delle nostre vacanze? Se sapremo rispondere a queste due domande con serietà, non fermeremo né i terremoti né i maremoti, ma eviteremo almeno che, per gran parte dell'umanità, ogni sussulto della terra sia strage.

(27 dicembre 2004)



TSUNAMI è un termine giapponese, comunemente utilizzato anche nel resto del mondo (in Italia si parla anche di "onda anomala"): si tratta di una serie di onde oceaniche gigantesche generate di solito - ma non esclusivamente - da movimenti tellurici con epicentro sul fondo del mare. Le onde possono anche percorrere migliaia di chilometri lungo l'oceano, per poi abbattersi, sotto forma di enormi pareti d'acqua, su quel che trovano lungo il loro cammino.


1 commento:

  1. ottimo film. scenografie spettacolari.

    anche gli amici a destra. Non manca propRio nessuno! :-)

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